Viste dai tifosi

 (da www.piacenzacalcio.com)

 

 

Piacenza-Salernitana 0-1

 

Modena-Piacenza 1-0

 

Piacenza-Parma 1-1

 

Piacenza-Sassuolo 2-2

 

Piacenza-Avellino 1-2

 

Empoli-Piacenza 3-2

 

Piacenza-Triestina 0-2

 

Bari-Piacenza 1-0

 

Piacenza-Pisa 1-0

 

Piacenza-Vicenza 1-0

 

Cittadella-Piacenza 4-4

 

Livorno-Piacenza 3-0

 

Piacenza-Ancona 2-0

 

Piacenza-Albinoleffe 1-2

 

Salernitana-Piacenza 0-1

 

Piacenza-Modena 1-0

 

Ascoli-Piacenza 2-0

 

Piacenza-Treviso 2-0

 

Piacenza-Frosinone 3-0

 

Parma-Piacenza 1-1

 

Piacenza-Brescia 2-2

 

Avellino-Piacenza 1-1

 

Sassuolo-Piacenza 2-1

 

Piacenza-Empoli 1-1

 

Triestina-Piacenza 0-0

 

Piacenza-Bari 2-2

 

Pisa-Piacenza 1-3

 

Piacenza-Mantova 1-2

 

PIACENZA-SALERNITANA 0-1 (Fava)


Non era previsto questo brusco stop domestico dei biancorosssi. Il barometro di via Gorra indicava su: squadra in crescita. Tra i tifosi è circolato un misurato ottimismo per tutta la settimana: “Sabato è molto importante vincere”, “Dare continuità ai risultati con una vittoria, magari anche non limpida, aiuterebbe i ragazzi”, “A Bergamo abbiam giocato molto bene, è segno che ci siamo”.
Non ricordo una partita con l’arbitro in cui non fosse importante vincere e mi rammarico che il ritornello delle battute iniziali del campionato sia “Adesso non guardiamo la classifica, ma la prestazione” oppure “Solo dopo dieci partite potremo avere un’idea della nostra dimensione”.
A me piace solo: “Giocheremo le rimanenti 42 giornate come altrettante finali” e via a scalare.
Comunque sia, l’approccio al sabato è dei migliori; in Piazza (quella coi Cavalli) incontro Tom Bianchi; due chiacchiere sul suo stato di non salute e un delicato sonaglio fa udire la propria agitata melodia.
Entro molto presto allo stadio per vedere il mio primo riscaldamento dell’era Pioli e il sonaglio non è più così delicato.
Sul campo ci sono solo Moscardelli dedito a movimenti morbidi e Guerra che invece spinge forte sotto gli occhi del preparatore atletico.
Il bomber sta male? Il punto interrogativo segue la frase solo perché non ci si vuole arrendere all’evidenza, ma è chiaro. Escono anche gli altri cui è destinata la casacca da titolare, seguiti dal mister in un elegantissimo vestito grigio Londra che ne esalta la perfetta sagoma.
Il dialogo tra Pioli e Moscardelli è scarno: “Ce la fai?”, “Sì”.
L’annuire del monumento generato in Belgio zittisce l’allarme. Simone, molto più elegante del suo omonimo vicino di casa, non sibila niente tra i denti.
La prima frazione di gioco fila via liscia e monotona; la fase di studio dura così tanto che non ci si avvede dello scorrere del tempo. Qualche battuta sui traversoni tentati e mai riusciti, qualcuna sul portiere campano esibitosi in una goffa parata sull’unico tiro, se così vogliam definirlo, che centra lo specchio della porta e niente più.
Non si è rischiato, dato confortante per il progetto Piacenza 2008-09. Il puntare decisi sulla solidità difensiva è un dato acquisito,
Secondo tempo uguale, nessuno ha intenzione di rompere l’impasse.
Bruno, origini casertane, abbonato al Piacenza da una decina d’anni, ha ormai ha perso le tracce della “sua” squadra, ma sente ancora molto fastidiosa l’ombra del campanile di Salerno e si rimescola. “Mi avevi detto bene di questo Piacenza”.
“E non mentivo amico mio, solo che oggi sembra davvero non sia giornata. Gli amaranto son venuti fissati per muovere la classifica, non lasciano spazi vivibili. Graffiedi è appena rientrato, il centravanti accusa qualche fastidio e non riusciamo a sbloccare le fasce. O ci pensa Abbate con un cross dalla trequarti oppure ci vuole una cappella”
Il nostro mister concorda con questa infantile disamina e prova a sostituire gli esterni, troppo rischioso affidarsi solo alla balistica di Matteo.
Ma gli equilibri per rimanere tali, non devono subire interventi esterni. Dopo qualche minuto dall’ingresso di Ferraro e Guzman in vece di Wolf e Graffiedi ecco servita la sgarbata rete di Fava. Gentilotti in tribuna stampa si inalbera e grida allo scippo, due infermieri intervengono efficienti. Gregori per non esser da meno fa dieci passi indietro imputandoli alla squadra biancorossa. Amorini in apparenza tranquillo non trova di meglio che sganasciarsi per la sostituzione di Fava con Piccioni e per i due infermieri son straordinari.
Lo stadio è muto, non ci sono segnali. La squadra non sembra in grado di fornirne. Ci vorrebbe un goal, non per pareggiare, o meglio anche, ma per scrollare il torpore. Con un goal riemergerebbe la voglia di sostenere squadra. Vedo nei vicini di posto il desiderio di riproporre con generosità i gesti che da sempre caratterizzano i dialoghi tra piacentini e tifoserie avverse, del sud in particolare.
Invece niente.
Piacenza-Salernitana 0-1 entra nel personale curriculum vitae come la prima partita in cui non sento il triplice fischio. Mio nipote si è chiuso fuori casa e sono quello più vicino per poterlo soccorrere.
Anche i biancorossi si sono chiusi fuori casa, succede.
Non era un esame, solo una prova interessante. Un modo di provarsi la temperatura.
Non ha detto bene, ma il tempo dei rimedi c’è tutto.
Domenica giochiamo a Modena, ce lo venderanno come derby emiliano. Leggeremo l’intervista a Gemiti, le dichiarazioni moderate di Pioli sulla sua ex squadra, la voglia di fare bene che ci prometterà il calciatore di turno e poco altro.
Le uniche cose che contano sono: Modena è vicina, si gioca di domenica, lo stadio è bello.
Non facciamoci mancare niente.

Arvodas

 

MODENA-PIACENZA 1-0 (Bruno)


Non mi è più uscito dalla testa: quando sento uno di questi 5, scatta un collegamento inusuale. Come se fossero una cosa sola.
Al bar, prima della partenza alla volta del Rigamonti, odo l’informazione che si scambiano due dei “vecchi” che mi trasporteranno.
“Pensa solo all’attacco: Mossini, Maragliulo, Gritti, Zoratto, Ascagni: pardùm stciusì incò.”
Brescia-Piacenza 4-0 , Maragliulo ne fece molti e per molto tempo rimasi convinto fosse un centravanti.
Zoratto non so nemmeno se fosse in campo, ma che fosse calciatore di valore, ce ne accorgemmo tutti in quella stagione.
Sembran trascorse distanze temporali celesti da quel giorno e in effetti non è proprio l’altro ieri. Eravamo in serie C, avevamo una squadra molto simpatica. Simile a quella di oggi per certi aspetti. Non c’era un bomber, si segnava poco, subivamo pochissimo (dopo questa rollata arrivò Mastropasqua se non ricordo male). Li facevamo tribolare tutti insomma. Gli esteti contorcevano il naso anche allora, ma le partite eran battaglie, la gente era molto affezionata. Alla Galleana si andava volentieri e non per le statue di cera.
Può sembrare sibillino, però non è un riferimento ai calciatori odierni, bensì alla mostra nel parco omonimo.
Partita strana ieri pomeriggio.
Dopo il primo tempo tutti concordi: se vado a casa con lo 0-0, vado a casa inverso.
Cose belle in questa frazione di gioco se ne sono viste: il tiro a volo di Guzman, davvero un’essenza; anche la punizione susseguente ad una pregiata iniziativa di Wolf non era il diavolo. Moscardelli m’è piaciuto. Tenta sempre azioni impossibili, ma è generoso e penso sempre che se ci prova con tanta insistenza è perché si ricorda che gli vengono.
Nel Modena Gemiti c’è, Cardone non lo vedo, ma differenza di rendimento tra chi gioca e chi è in panca è comunque minima: i gialloblu paiono inesistenti.
Forse lo sponsor funereo deprime o forse è il lutto al braccio a frenare i canarini.
La dice lunga un’azione in cui Olivi e un modenese inseguono il pallone rilanciato alla sperandeo. Il nostro è in vantaggio, raggiunge la palla e prova una finta per disorientare l’attaccante.
Praticamente va quasi ad incasinarsi perché la punta modenese aveva già mollato la rincorsa da un bel po’
Secondo tempo: non iniziamo con la decisone del precedente e i “domestici” ne sembran lieti. Adorano giochicchiare lemmi per poi passare o a Pinardi o a Pinardi (reiterazione voluta).
Questi se la intende mica male con Bruno e le poche volte che vediamo la sfera pericolosa, son sempre loro due a gestirla.
Atti villani nel Modenese.
Da dietro la porta come siamo non è facile capire le distanze, ma quando l’ala dx modenese prende palla sembra molto distante e maglie rosse ce ne sono parecchie tra lui e la rete di recinzione.
Uno due tre interventi goffi dei nostri e il tipo è in porta: Cassano respinge, la palla s’indirizza verso i piedi solitari di Bruno. Ci si volta di scatto verso il guardalinee, bandiera rivolta verso il centrocampo, boato (poca gente, però si sente bene in quello stadio), esultanza.
Il festeggiato non è tanto il nostro concittadino, il merito va all’ala. Siccome è stato “beccato”, tutta la panca corre ad abbracciarlo.
Lo speaker, leggera evve e voce dalla tonalità commossa, si prende la rivincita ai non udibili sberleffi del nostro settore, intonando una poesia.
Zoratto si preoccupa di scrivere il lapidario commento alla partita: io segno, tu no, vinco io.
Il Piacenza è andato, lo vediamo, anche se si spera sempre.
Loro sono in 10 per l’espulsione di Bolano, sicuramente non un beniamino di casa, sicuramente uno che sa giocare.
C’è un’occasione per Ferraro, l’ ’”Uuuuuuuuuuuuuuh” che arriva da di fronte fa capire che gli è andata bene.
L’arbitro inevitabilmente tumula la partita su una puntata di Frezzolini e si torna a casa.
Rimaniamo così nel sogno in cui siamo.

Post-it 1:
segnarsi che per fare una trasferta di 250 km complessivi non servono derrate alimentari a quintali.

Post-it 2:
segnarsi che bisogna segnare.

Arvodas

 

PIACENZA-PARMA 1-1 (Rickler, Pisanu)

Mentre su Piacenza calano le prime luci della sera, di fronte all’ex Plaza trova posto la lussuosa corriera con lo scudettone in giallo e blu simbolo delle estese fauci.
Mi rimescolo, qualcosa stride e non so se è rendermi conto che il Parma Calcio, in vista di una trasferta da 60 km tondi, consideri indispensabile andare a dormire nel più lussuoso albergo disponibile, oppure constatare che abito in una città in cui un cinema diventerà parcheggio.
L’ultima volta in cui m’imbattei nel lussuoso torpedone parmense stavo girovagando nel loro centro città, in attesa del goal di S.Inzaghi e lo interpreto come un buon segno.
Quel giorno riconobbi tutti i visibili, erano un vero squadrone.
Anche venerdì sera ne ho riconosciuti molti.
Premesso: la Canalis non mi dispiace, ma non troverò mai il tempo di invitarla a cena dopo aver visto da presso Reginaldo. Quando è in tuta, le doti dell’attaccante non sono così nascoste.
Innegabile: finalmente c’è tensione in attesa della partita. Per i longevi poi è derby vero, loro han superato indenni le caotiche relazioni calcistiche intercorse tra le due squadre.
Sugli spalti qualcuno in più c’è, anche se non sono solo nostri; la curva ospiti ha due spicchi pieni e coi tempi che corrono non è male.
Alle 15 del sabato pomeriggio ho un secondo segnale positivo: la capitale della coppa da Autogrill decide di giocare con la disgustosa maglietta a righe gialloblu.
Ad onor del vero non è la più brutta che gli ho visto indossata. Nella personale classifica degli obbrobri è sopravanzata da quella a righe orizzontali sempre gialloblu. (per capirci: quella sfoggiata da Pezza qualche estate fa).
Ma soprattutto è sovrastata da quella bianca con la stella stilizzata dello sponsor al posto della croce (come ti stava male F.Inzaghi).
La serie B, quel paradiso fantastico tanto bistrattato. A detta di tutti i massimi esperti è un campionato mediocre, noioso, senza spettacolo, senza buoni giocatori.
La gara col Parma, almeno sulla pagina, esulava un poco da questi standard. Allenatore di pregio, giocatori abili, esperienza da cedere: le premesse per vedere i papaveri macinati c’erano.
Invece la prima frazione di gioco scivola via piacevole. Ci si emoziona a vedere la nostra difesa annullare l’attacco stellare, si sussulta quando raggiungiamo la zona tiro, si saracca quando non ci concedono l’evidente rigore.
“Se questa è l’ammazza campionato sum’ a post….” È la frase più in voga nell’intervallo, ma suona più come primitivo esorcismo. Abbiam tenuto botta, però continuano a farci paura.
Il secondo atto è indescrivibile. Succede tutto quello per cui val la pena essere allo stadio.
Col trascorrere del tempo sembra che il pareggio accontenti i competitori, così decidiamo di segnare.
Uno di quei goal in mischia, in cui non capisci chi l’ha messa.
I più lesti ne approfittano: “E’ un autogol!”, “Rickler o Iorio”, “boh, ma l’è propì bell”, “s’agh fiss Gautieri…”. Io vedo Rickler, ma dopo qualche minuto mi convinco che la prodezza è di Eramo.
Comunque sia, lo annoto come il terzo segnale positivo
La reazione ducale è immediata e ci coglie impreparati. A Piacenza non siamo abituati a vedere parmigiani serrare i denti.
Una paratona di Cassano, un salvataggio di Olivi, una traversa di Lucarelli; ne usciamo indenni e rinfrancati. Tanto rinfrancati che confezioniamo due grassi contropiedi: uno più corale, concluso da Guerra con una gran girata. L’altro più rapido, con Guerra a giocar palla da campione per Nainngolan. Il belga fa quasi tutto bene.
Decisamente meglio fa Pisanu sull’azione susseguente.
Il campionario dell’ovvio invade le tribune. “Goal sbagliato goal subito”, “che squadra cinica, un’occasione e subito a segno”, “è un campionato livellato in basso”, “nessuno ti regala niente”.
Morale: l’1-1 sottoscritto da tutta provincia prima della gara, non è di nessuna gioia, non basta.
Il “Grazie Reagan, bombardaci Parma” declamato da tal Max Collini affiora da chissà dove, ma subito mi pento. Un po’ perché il Collini è artzano, un po’ perché due fette di culatello le mangio sempre volentieri.
Rimane un 1-1 non da sottovalutare. La serie B è il più bel campionato del mondo checché se ne dica. Son talmente soddisfatto di questa gara ducale che spero di poterla disputare anche il prossimo anno.

Due cose:
1- Quando Iorio è stato accompagnato a bordo campo per infortunio, ho sentito gente pregare sottovoce ché non fosse nulla di grave. C’è del miracoloso e non sono io che odo i mormorii.
Anche le disamine sull’operato di Rantier le ho udite senza alcuna difficoltà.
2- Pezza non è uomo immagine del gruppo caseario parmense e non si chiama Adriano; la maglietta gli andava bene e questo è tutto.

Arvodas

 

PIACENZA-SASSUOLO 2-2 (Zampagna, Rantier, Rea, Moscardelli rig.)


Finisce 2-2 una bella partita che ha riacceso le poche anime che ancora si affannano a seguire il Piacenza Calcio.
Sassuolo non ha colpe per avere una super squadra. Non vantare tradizioni ma esser ricchi non è peccato. E son davvero una bella squadra, giocano a memoria da diversi anni e i nuovi innesti son talmente forti che non hanno portato crisi di rigetto. Sugli spalti manca l’elettricità dell’ultima partita domestica. Vuoi per la non dimenticata soddisfazione indotta che ci regalarono i ceramici lo scorso anno, vuoi perchè siamo sempre più consapevoli della forza di questi biancorossi.
Nelle difficoltà esce il cuore e questi ragazzi dimostrano di averne tanto.
Non c’è fase di studio, i neroverdi di gagliardetto, ma blu di maglia cominciano forte, il Piacenza è ordinato, non soffre e ribatte senza affanno.
Le trame sono piacevoli, al sole si sta bene e la gente si adagia. Così quando su un bel coro della curva, si sovrappone quello del rettilineo con testo differente, Olivi decide che bisogna romper la fiacca. Passa dritto la palla a Zampagna il quale accetta il dono e dopo una signora corsetta trafigge Cassano. Saggio Olivi.
In rettilineo ci sono, come sempre, tifosi ospiti ad esultare in modo diciamo provocatorio. L’animosità dei vicini di posto, già innervositi dal goal preso schizza incontrollata. A mente fredda potevamo capirli. Non aver tradizioni significa non essere abituati alla disciplina sportiva. A me comunque quella signorina che con grinta ci fronteggiava non dispiaceva per niente.
Pioli guarda attento, vede una certa lentezza nei sincronismi difensivi dei sassuolici e ordina di giocare a volo. Sbaglieremo qualcosa, ma è l’unica maniera.
Il pari arriva per merito di Rantier che corona una congeniata quanto veloce azione. Mentre lo vedo inserirsi, ho il tempo di pensare: “L’ha gnamò ciapè la porta ist’ann, propi a lù g’ha da capitegh cul balon lè?”.
Ma il francese non sbaglia e invia il cuoricino in tribuna.
Festa grande. La segnaletica di inguini a chiaro utilizzo dei sostenitori ospiti aumenta vertiginosamente, così come gli inviti a munirsi di parapioggia.
Neanche lo spazio di salutarci per bene nell’intervallo che quando riprendiamo stiamo già perdendo e la cosa non è bella.
E’ però chiaro a tutti che sarà solo una situazione transitoria. Entra Guerra, uno che a pallone sa giocare e non si cura di 3-4-3, 3-5-2 e di tutte le altre varianti. Lui prende la palla e punta la porta. Si guadagna la punizione da cui scaturisce il primo sacrosanto rigore, approfondisce la manovra che a volte fatica ancora a sgarbugliarsi nei metri finali: per me un campioncino.
Dovere di cronaca (sostantivo), Moscardelli lo tira molto bene: portiere verso un palo, pallone soffice verso l’altro.
I minuti per cercare il premio intero ci sono e per un certo lasso ci crediamo. Solo che al primo segnale di riorganizzazione degli avversari, prendiamo un briciolo di paura e ci accontentiamo.
Saggio anche Pioli, vincere è bello, pareggiare in rimonta lo è altrettanto, son solo due punti di meno.
Domenica mattina sciorino i giornali locali, il dubbio m’assale.
Ma cosa vado fare allo stadio se capisco così poco e vedo così male?
Votacci per tutti, critiche al limite dell’infamia, difese dei propri pupilli patetiche.
Salvaguardando la libertà (ancora un sostantivo) di pensiero altrui, rimango comunque convinto che tra i notevoli problemi che stiamo attraversando come tifoseria, la parte del leone la faccia la stampa.
A Piacenza tutti seguono i biancorossi, non vengono allo stadio, ma si documentano.
Se parli a qualcuno assente della partita di ieri, fatichi a spiegargli quello che davvero è stato. L’han letto sul giornale “I seguitan a szughè meel”.
E allora forse è meglio non capire niente, continuare a guardare i ragazzi sudare e condividere con loro i momenti buoni e quelli meno.
Esser preso in giro è fastidioso, sia che lo faccia un tifoso ospite che si mette a ballare, sia che lo faccia un giornalista che giudica insufficiente il Simone.

Note a parte:
- Siete bellissimi quando ci ringraziate ad inizio gara: vada come vada cercheremo di esserci sempre lì con voi.
- Daniel torna presto: Wir warten auf dich!
- Guzman non toccarti, portan bene gli striscioni

Arvodas

 

 

PIACENZA-AVELLINO 1-2 (Vasko, Anaclerio, aut. Abbate)

 

Per tutta risposta alle quotidiane raccomandazioni del mister Pioli di prestare attenzione alla partita con l’Avellino, perdiamo male e con un autogol. Le scusanti ci sono: siamo rimaneggiati, la squadra è giovane, il pizzico di fortuna ha sempre fascino. Nessuno centra il vero problema: la bomba.
I ragazzi erano tesi, stanchi, provati da notti insonni provocate dall’incubo Tri Nitro Toluene.
Non s’è parlato d’altro in città per tutta settimana.
Un signore al bar raccontava :- Quando i caccia bombardieri sorvolavano i nostri tetti, mio padre indicandoli mi diceva “Si g’avissan da caschè in d l’ort, ienn i noss e l’è tùtt rutàm bon”.
Cupidigia d’altri tempi.
Eppure a Piacenza siamo abituati a conviverci: la bomba di riso, la Madonna della bomba, Pippo il bombarda, Tomasoni… e da ieri purtroppo vivrà anche la partita della bomba.
L'inizio gara l'avremmo sicuramente incorniciato, se almeno un attaccante avesse centrato la porta come si deve. Passiamo ovunque e comunque, ma di far portare il pallone a centrocampo non se ne parla. Gli irpini, passata la sfuriata, non tentano di organizzarsi. Danno più l’idea di puntare tutto su una caotica gestione della partita, vuoi per direttive tecniche, vuoi per bagaglio competenze non da brividi. Eppure, pian piano, i biancorossi cominciamo a sbagliar troppo e loro si trovano in porta in due circostanze. In una sbroglia Angie Iorio, nell’altra Cassano regala spettacolo.
Questa, scopriremo di lì a poco, era solo una prefazione; sul calcio d’angolo scaturito dalla parata arriva, infatti, il goal dei verdi. L’urlo composto sopra le nostre teste c'esibisce l’efficienza degli steward; i loro sforzi tesi ad isolare gli ospiti in un settore, dà buoni frutti.
La deflagrazione rintrona la nostra difesa, uno degli 11 ambientalisti in campo si beve il diretto marcatore, salta anche Cassano, ma con la rete sguarnita decide di calciare forte e a lato.
Contrazione rettale contagiosa. L’allenatore, stipendiato per non averne, si gioca la briscola alta; s’infortuna Olivi, lo sostituisce con Guerra.
Nell’insipienza mi dico che forse è un po’ prestino. C’è da recuperare, vero, ma un centravanti per un difensore a più di un’ora dalla fine, la sento come giocare il tre con l’asso in giro.
Simone è gelido, non l'imbrocca, ma porta fortuna eguale. Pareggiamo i conti con Anaclerio che viso a viso col portiere, non sbaglia e festeggia con la cullata l’arrivo del pargolo.
Gelido, ma in un altro modo.
Finisce il tempo, Guerra sfrutta l’intermezzo per completare il riscaldamento, io per cercare la digestione: la polenta con le cipolle è ruvida in notturna.
Pozzi, uomo pronostico, esce con un catastrofico: “sa vinsum mia, stcianc la tessra”.
Spero non lo faccia, perché ciò che Avellino dona, Avellino toglie. Dopo un modesto scampolo di gara in cui i contendenti cercano di rileggere la partita, arriva il nuovo sorpasso.
Da dove sono non vedo l’esatta dinamica, ma è chiaro che Abbate la mette nella nostra porta.
E’ chiaro soprattutto perché la squadra campana non sa come festeggiare il goal, mentre arbitro e guardalinee, perfettamente a loro agio, incedono alla macabra danza di convalida.
Eppure pochi minuti prima Radja aveva avuto una ghiottissima palla goal, forse migliore di quella avuta col Parma. Richiedeva solo un piccolo cambio di passo per arrivarci col piede preferito e soprattutto un po’ più d’equilibrio.
Pozzi e molti altri si convertono alla rilevanza del punto.
Entra Stamilla in vece di Rantier. La sua corsa, forsennata e costante è tutto ciò a cui c’aggrappiamo sugli spalti. Quando Alessio è spintonato brutalmente in area, è proprio lì davanti a noi e soprattutto lì davanti al “segnialignee”. Pregustiamo la seconda impresa consecutiva invece l’assistente arbitrale si perde l’azione causa la rimozione di una pellicina vicino all’unghia che lo faceva ammattire.
L’ultimo sussulto lo regala Guerra, la sua girata è di poco a lato, ma ci siam vicini, l’è marud.
Finisce in sconfitta, la classifica inevitabilmente si accorcerà questa settimana, nel frattempo la bomba l’avranno rimossa e torneremo alla normalità.
Come dice Tosca: nel bene e nel male sarùm sempar chè.
Bentornato Alessio, mi sei mancato.
Note a parte
Grazie sconosciuto gentiluomo/donna, aver vinto il ribrezzo naturale verso i rettili squamosi ed aver raccolto l'iguana morente ti iscrive di diritto tra gli eroi. Noi glielo ripetiamo spesso che girare a dorso nudo d'inverno è pericoloso, ma lui è cocciuto.
Complimenti vivi ai tifosi dell'Avellino: allo stadio ci sanno stare eccome.
Arvodas.

 

 

EMPOLI-PIACENZA 3-2 (Aspas, Corvia, Lodi, aut. Rickler, Bianchi)

 

Che cosa sia successo ad Empoli molto probabilmente non lo sanno nemmeno quei pochi che han seguito la squadra in Toscana. Io son stato al bar, questa è una finta cronaca.
Dopo 10 minuti siamo in vantaggio con un goal di Aspas, cui già avevo tirato tutte le maledizioni che un liscio in piena area richiede. Abbate nella circostanza ha confermato quanto spesso si sente allo stadio: non è un difensore. Lo scrivo per crederci. A Matteo erano appena stati respinti in fallo laterale due lanciassi dalla trequarti. Bene, riceve palla da Riccio, scavalca con un pallonetto l’accorrente avversario, addomestica uso foca il pallone e crossa. Aspas pressato liscia, ma la palla gli rimane disponibile e da terra infila.
I biancorossi, assidui lettori delle interviste a Beghetto Luigi (del resto c’è poco altro da leggere, deve esser la terza dall’inizio di campionato), hanno fatto tesoro dei suggerimenti impartiti dall’ex capitano e si percepisce.
Quelli che giocano sono i soliti, alla radio dicono che il modulo è completamente diverso e voglio crederci.
L’Empoli sbanda, sarà la maglia uso Pro Patria (solo sul davanti), sarà che le certezze scricchiolano, ma potremmo infilarne almeno un altro. Prima un tiro di Rantier da masèl, poi una bella azione di Moscardelli sparata alta. C’è una deviazione, vero, però da lì m’aspetto sempre qualcosina in più.
Poi cambia tutto, si comincia a chilare e questo la squadra che vuole salvarsi, non può permetterselo. Eloquente un corner di Vannucchi giocato verso un compagno fuori area, i nostri s’interrogano sul perché lo abbia calciato a quel modo. La palla è restituita al Vannucchi che va in porta da solo; la conclusione è a lato per puro caso.
Arriva il pari, immeritato, ma ci sta. Corvia, snobbato elegantemente a centro area, raccoglie una punizione alla Patrascu e insacca.
Colpa di Cassano? Per me no, poteva uscire certo, ma la palla sorvola decine di teste prima. Ci fosse stata una deviazione con lui fuori, non avremmo avuto dubbi sul di chi fosse la colpa.
Fine primo tempo, 1-1 e recriminiamo: non male.
Secondo tempo. Una punizione, forse evitabile, di Lodi decide il sorpasso. L’impressione mia, non sostenuta da altri quindi fasulla, è che ci sia una deviazione.
Reagire: il tempo (come la ragione) è dalla nostra parte.
C’è una gran parata di Bassi su colpo di testa di Rantier, ricordo anche una bella testata di Abbate. Non risolviamo i problemi di fondo, ma siamo vivi.
Che non fosse giornata per Rickler lo si era già visto in precedenza, ma l’autogoal è la conferma che quando c’è nervosismo, se le cose sono a girar male, si riesce unicamente a farle girar peggio.
Sul 3-1 a Empoli potremmo pensare solo a far su la palla di stracci, invece si sente che non è finita, che potrebbe succedere ancora qualcosa di rilevante. Il goal di Bianchi, recupero importante, è una conferma. Lo sarebbe ancor più la mancata deviazione di Guerra all’ultimo assalto.
E’ davvero l’ultimo, 3-2 e molto da recriminare: male.
11 calci d’angolo battuti, con Iachini avremmo vinto 6 a 3
Note di colore
Grande Amorini che conta i nostri tifosi “5... avran fatto una macchinata”. Poi ne compaiono altri due e comincia ad annaspare sui modelli in produzione.
A me piace molto l’idea di far viaggiare in treno la squadra, chissà se a loro piace altrettanto.
La cosa che mi spaventa del treno è l’idea di guardar fuori dal finestrino e veder andare nell’altra direzione la …..mannò dai, è solo un problema di alimentazione. I piatti invernali sono più pesanti da digerire e avere incubi è congenito.
E’ inverno, sono nudo, quindi spero.
Arvodas

 

PIACENZA-TRIESTINA 0-2 (Princivalli rig., Allegretti)


M'è veng fòra i muroid.
A furia di tener stretto, ho passato dei brutti momenti con l'entrata di servizio in questo fine settimana. La partita con gli alabardati centra poco.
Ci hanno tritati. Son venuti a fare quel che si definisce "prova di carattere". Nessun fronzolo, ben disposti, cattivi come deve essere una squadra consapevole di quel che vuole ottenere. Probabilmente le statistiche premieranno il maggior possesso palla degli 11 allenati e motivati da mister Pioli. Più spietati saranno i numeri indicanti la quantità di occasioni create e i tiri nello specchio della porta effettuati dalle due squadre. Poi che in una partita ci sian episodi positivi e negativi, è come stupirsi di vedere pavesi (assessori e non) e cremonesi sulla Caorsana.
La punizione di Guzman che si riproduce sulla traversa è bella come quella di Allegretti, ma vale meno. La valenza sarebbe identica se Bianchi approfittasse della comoda occasione. Non l'ha fatto, però non ci si può aggrappare a questo. Cassano ha fatto tre parate quando già avevo spostato la biglia sul pallottoliere.
L’episodio infausto ad onor di causa concorre nel vantaggio giuliano. Il rigore a loro assegnato supera di molto i canoni dell'ospitalità che ci contraddistingue. Allo stadio continuo a capire poco, ho battezzato solare la massima sanzione, in base alle scarse proteste vedute. Col senno di poi era una reazione fatalista, dovevamo prendere il goal e il momento era giunto.
Consolazione di giornata è che non son l'unico ad andare allo stadio e capire niente. Sentivo gente dare dell'asino a Cassano, per aver battezzato fuori il tiro, per esser stato troppo avanti, per non essersi seduto sulla traversa. Sentivo che la Triestina stava rubando, che non aveva fatto niente per meritare la vittoria, che eran dei "massalini". Detto tra noi, "i'enn rob da matt".
Purtroppo lo sproloquio da stadio non s'è limitato a quelle semplici pochezze. Sono arrivati i primi folcloristici "Salta la panchina", "Onorate la maglia che portate" "Andate a lavorare".
Morale: c'è un filotto negativo, una classifica non bella, uno Stamilla che, preoccupato di essere messo in ombra dalla dipartita di Alessio II, capeggia moti insurrezionali con la stessa grinta che gli si riconosce in campo.
Sia chiaro questa gran mescolanza disordinata non è colpa del pubblico. Non è nemmeno colpa di Pioli, il cui tribolare continua ad essere comunque apprezzato. A legger gli opinionisti massimi la colpa è dei ragazzi. Qualcuno si spinge a strillare "Bambini fatevi da parte, se non siete capaci". I più fantasiosi imputano tutto al silenzio del presidente.
Eppure i sintomi di astringimento posteriore, non sono legati a nulla di tutto ciò.
Tra qualche mese compiremo novant’anni. Il numero 90 nel calcio è molto più simbolico del 100. Indica quel momento in cui si è aldilà del bene e del male; è l'omega, la riga lunga tirata per determinare il totale.
Non è molto piacentino “la paura fa 90”, ma quando non si ha nemmeno un uno si punta al Lotto ed ecco perché quella simbologia che non ci appartiene, ci permea.
"Savèi ad iess luc, vol samò dì bota" è invece un’espressione nostrana a cui farei riferimento per il resto della stagione. Aver chiaro il nostro obbiettivo, su quali risorse possiamo contare e soprattutto attingervi per conseguirlo.
Stare tutti dalla stessa parte è impossibile, ma non è un problema. Sulle battelline non ci si dispone tutti da un lato e il motivo è fin troppo ovvio.

Note di colore
Al Beltrametti giocavano in contemporanea.
La Triestina aveva la maglia nera e sembravano due in più.
Il Chitone di Teleducato ha detto (riferito a Cassano): “non si può morire in serie B”, mentre io ci farei la firma
Poche cose, da dimenticare in fretta.

Arvodas

 

BARI-PIACENZA 1-0 (aut. Rickler)


Non è un brodo in terza, assomiglia più a un brodino d’ospedale quello assaporato nel Tavoliere dal Piacenza. Torniamo con il conforto della prestazione, la bella carne col nervo morbido l’abbiam lasciata tutta là, se la mangeranno accompagnata con frutta alla senape. Dicono sia buona, ci fidiamo.
Se dopo questa gara il tecnico piacentino avesse dichiarato: “Siamo una squadra giovane, dobbiamo crescere” c’avrei creduto. Abbiamo giocato bene per un ora, rispondendo impavidi e animosi alla maggior caratura tecnica dell’avversario. Se si eccettua una gran parata all’inizio di Cassano, gli avversari non han mai visto l’area. Poi una sbavatura difensiva, un prodigio del nostro portiere purtroppo vanificato dalla successiva conclusione (peraltro malauguratamente, ma non maldestramente come d’abitudine, deviata) e il flipper assemblato in ritiro a Roma va in tilt.
Su un campo reso greve dalla pioggia, Pioli decide di spedire un segnale chiaro: “Ho in mano la situazione, ho l’appoggio della società, posso fare come meglio credo per uscire da ‘sta situazione”.
Fuori Angilon Iorio per serio infortunio, fuori Zammuto per noie muscolari, si ridisegna la difesa spostando Anaclerio nel suo ruolo naturale di centrale. Sulle fasce due giovani di belle speranze quali Calderoni e Avogadri a rimpolpare l’argine mediano che prevede i soliti Riccio e Nainggolan.
L’attacco è affidato ai piccoli Aspas, Guzman e Rantier. Dolmen Moscardelli siede triste in panca.
La banda Bari è formazione di assoluto rilievo nel panorama di questa serie B, c’è qualche defezione, ma non se ne accorgerebbe nessuno se non ci fosse l’ex Colombo titolare.
Come detto: animosi e impavidi, al pari dei due teatri di Carrara e Sarzana, proponiamo un gradevolissimo spettacolo nell’astronave di Renzo Piano dedicata forse al Santo Patrono forse al noto cantante. Un amico segnala che la casacca del Bari ha un gusto retrò, ma glisso perdonando la sua scarsa dimestichezza con gli alcolici: la maglia è quella di sempre bianca con le righe rosse ai lati. Non c’è tempo per i curare dettagli, il Piace gioca bene, il Bari va in affanno. Donda non trovandosi di fronte l’amico Simon è in confusione assoluta. Sembra di vedere Bogdan in quelle giornate un po’ così. Dai suoi svarioni spesso inneschiamo rapidi contropiedi, purtroppo mai decisivi. La sala del solito bar si spacca: chi vede le partite con Ancona e Brescia, chi vede quelle con Modena e Treviso. All’inizio penso sia dovuto al fatto che ci sono due schermi, uno luminosissimo, l’altro opaco. La guardo su quello smorto, c’è più posto. La mia impressione è che si possa fare bene.
Dopo il goal sudicio (perché deviato, niente di personale) di Kamata, le infondate certezze tremano come le gambe dei nostri. Esce Aspas per Moscardelli e la coppia di sconosciuti maschi che condivide il mio tavolo sentenzia: “si mette ad albero di Natale”.
Non è proprio cosi, ma ci vanno vicino. Il Davide è immalinconito, la panca non gli ha infuso rabbia. Entra in campo e si radica nella sua zona, in attesa di quel pallone che mai arriverà.
Con due luminarie la Confesercenti di Bari avrebbe avuto il suo alberello a gratis.
Quarta sconfitta consecutiva, l’anno scorso la serie positiva ci strappò dai guai, oggi quella negativa ci fa passare una Santa Lucia senza regali.
Occorre vuotare la testa da ansie e preoccupazioni. Capisco che a Piacenza qualcosa di innaturale stia accadendo. Prima spariscono le api, adesso sembra scompaiono le lucciole, ma non facciamoci prendere dal panico. Le api sono molto intelligenti, prima o poi capiranno cosa bisogna fare. Per le simpatiche coleottere lampiridi ci informeremo.

Arvodas

 

PIACENZA-PISA 1-0 (Guzman)


“Sciabl mano”
ordina il Comandante.
“Savoia”
è l’urlo di risposta
dei Cavalieri.
“Passooo, trottooo,
galoppooo”
Suona la tromba
“Caricaaa…”
Il pianoro risuona
dello scalpitio
di mille zoccoli.
Qual fiume in piena
che travolge,
gli squadroni velocemente avanzano…
puntando sul nemico.
È la carica.
È la cavalleria.

Così scrive il mio caro amico Gianfranco, ufficiale di Cavalleria, partito volontario per l’Africa orientale, nella sua ultima fatica letteraria.
“Non avevamo paura di niente. Il coraggio è importante per un Ufficiale perché devi essere tu a dare l’esempio, altrimenti non ti seguono. Ma ci vuole fortuna per portare a casa la pelle”.
Ecco, non è stata proprio una carica, nel senso compiuto del termine, la partita col Pisa. Eravamo in emergenza, l’avversario era forte, ma siam scesi in campo senza angosce, sicuri di poter dire la nostra. E la sorte è sempre benigna con gli audaci.
Se rigiocassimo cento volte questa partita, forse non la vinceremmo sempre e poco importa.
Tutti avevamo presagi funesti intorno alle 16, sicuramente anche il condottiero Pioli avrà fatto i calcoli sulla possibile sconfitta. I problemi non si sono smaterializzati, però è una gran cosa aver vinto, piantare il vessillo biancorosso sull’Amba pisana (Amba: montagna isolata di forma tronco-conica tipica dell’altopiano etiopico. Qui è usata perché si parla di Cavalleria e per non cadere nel solito clichè della torre pendente) è stato magnifico.
Parole è inutile vergarne, sarebbe solo un superfluo esercizio di stile. Per descrivere cosa è successo sabato nella tinozza rabberciata del “Garilli” ne basta una: emozione… al plurale.
Davvero un bel dono quello che ci han fatto i ragazzi, io per il Natale 2008 sono a posto. Non bisogna essere ingordi.
Note di colore.
I sostenitori toscani son giunti in un bel numero. Lo scorso anno erano di più, ma è stato bello uguale. E’ scappato loro un “siete ridicoli” e qualche altro coro ostile, utilissimi peraltro a risvegliare quell’orgoglio che ogni tanto si assopisce.
Spettacolari i ragazzi “Cumpagnia bella” con due cuffie e quattro ugole han saputo creare il giusto clima natalizio. E’ motivo di rammarico non seguirli.
Bellissimi gli abbracci al goal di Guzman e soprattutto dopo il rigore parato. A volte sembrano un rituale preconfezionato, in queste occasioni ci accorgiamo di quanto sian veri e desiderati.
Pioli sarebbe rimasto in sella, anche in caso di funesto risultato. Il Re lo ha detto tra le righe della sua annuale intervista.
Buon Natale, purtroppo senza calcio.


Arvodas

 

PIACENZA-VICENZA 1-0 (Guzman)


Qualche mese fa mi son fatto scaricare (legalmente, è sul loro sito) il cd dei Numero6, un gruppo genovese la cui musica incuriosiva. Pioli, con cui ci scambiamo spesso informazioni su gruppi emergenti, mi fa: “Si non sono male, ma la cosa interessante è che tutto parte dalla frase del prof. Scoglio: - Io non faccio poesia, io verticalizzo- . Ce l’ho tatuata”.
Sabato sera a cena, parlando della partita, spiego alla Gentilotti cos’abbiamo visto allo stadio. “Partita preoccupante, nei primi 10 minuti siamo andati nella meta campo avversaria solo per vedere se c’era ancora”. “Mi fan ridere i moduli 4-3-3, 3-5-2 4-3-2-1….sulla lavagna puoi far tutto, ma se poi gli dici: -Oh mi raccomando: voi 8 non vi sganciate per nessun motivo-, è dura vedere giocare”. ”Mio fratello qualche mese fa diceva che a Piacenza sosteniamo Moscardelli solo perché è grosso e ci fa più paura di Simon. Pensavo fosse una bella battuta, invece ad oggi la vedo in modo differente”.
E così via, un campionario di critiche gratuite, di quelle che animano ancora i bar (solo i bar) di Piacenza. Stefano, incuriosito dal cozzare delle parole con l’espressione gaudente chiede:
-“Ma sei contento o no?”
-“Scherzi? Sono più contento. Questo è il calcio che adoro, alla faccia (ci vuol sempre qualcuno su cui scaricare rabbiosamente le proprie convinzioni) di chi dice che si deve arrivare ai risultati attraverso il gioco. Si deve arrivare al risultato e basta; ci si deve arrivare anche svirgolando il pallone ad ogni rinvio, anche senza infilare due passaggi consecutivi, ma non mollando niente. Il goal è la gioia collettiva, non farlo fare è la gioia di chi ne capisce il valore fino in fondo.”
Oggi dopo 3 risultati utili, si comincia a parlare di continuità. Avendo avuto la fortuna di vederlo questo incoraggiante filotto, sono convinto che non sia assolutamente frutto di una stabilità raggiunta. I segnali positivi arrivano sempre a strappi, ma arrivano e soprattutto è molto chiaro al tecnico come ai ragazzi, che solo nell’essere squadra v’è salvezza (non redenzione).
Filippo Merli, nell’ articolo preliminare all’incontro, paragona Piacenza-Vicenza ad una partita di scacchi. Aprendolo e chiudendolo con la frase: “Solo Bobby Fischer” , mi convinco che fosse agli sgoccioli con la creatività (anche se calorosamente lo ringrazio per aver spolverato il ricordo di quelle grandi sfide con Spasskj). Invece, era quella chiave di lettura.
L'arrocco è un movimento combinato, di cooperazione, ma è una mossa che il Re può eseguire un'unica volta durante la partita, pertanto il Piacenza decide di “arroccare lungo” per tutto il primo tempo e carpire le intenzioni avversarie. Gregucci non è sereno, ma le regole son regole.
Nell’intervallo mentre noi discutiamo della maglia nera vicentina, giudicata più bella della nostra con quella riga biancorossa cucita sul didietro, Pioli decide la mossa vincente: la presa al varco o "En Passant" del pedone. È una mossa che si verifica raramente ed è una delle più difficili da comprendere per il tifoso.
Fuori Calderoni, dentro Rantier. La presa al varco si può fare solo quando il pedone, con il doppio passo iniziale, entra nella zona di presa del pedone avversario. La regola impone che la cattura avvenga immediata, altrimenti dopo una mossa, non è più possibile.
Noi abbiamo atteso fino all’81° e vi assicuro che mosse precedenti da parte nostra non se n’erano viste, quindi massima regolarità.
Dal goal alla fine sento solo paura di non farcela; in campo però i papaveri non concedono niente. Mengoni, subentrato ad Abbate dimostra di essere il giusto rinforzo difensivo del mercato di gennaio. Cassano, come John Holmes, rende la critica concorde sbrogliando a dovere le furenti repliche avversarie. Margiotta entra più o meno allo stesso minuto in cui lo inseriva Iachini, la voglia di mulinar le braccia è molta, il pubblico lo capisce e gli dona un affettuoso saluto.
L’ultima azione della sfida è un nostro contropiede interrotto con un fallo. Era possibile la concessione del vantaggio, ma non ci sono state proteste. Con la palla ferma sappiamo di poter perdere gli ultimi secondi in una botte di ferro e soprattutto sappiamo che abbiamo vinto. Gli ultimi 3 fischi arbitrali valgono 3 punti; mica male.
Ho letto ieri sui giornali che la signora Garilli se ne va.
I contestatori non centrano, sono i locali della sua tabaccheria a non fornire le adeguate garanzie di sicurezza.


Arvodas


CITTADELLA-PIACENZA 4-4 (Guzman, Iori rig., Moscardelli, Guzman rig., Bonvissuto, Gorini, Oliveira, Rickler)

Partita senza logica quella di sabato a Cittadella, il risultato può esumare i giochi pirotecnici di Fuorigrotta (non li ho mai visti), ma non è stato quel gran spettacolo. Otto goal, qualcuno anche interessante ad esecuzione, tre rigori e soprattutto molti, molti errori, eppure la miscela risulta annacquata. Illusi da una difesa che non prendeva goal da 3 partite consecutive, il Piacenza entra nello stadio dell’illusione cremonese. Confesso la mia inquietudine quando all’impianto sportivo manca un segmento; quella curva assente è una finestra troppo grande, non giova alla concentrazione di chi è in campo e ancor meno di chi è sugli spalti. Foscarini è un allenatore attento ai dettagli e sa come gestire questa situazione: nel primo tempo attaccano verso la nostra tribunetta, tanto poi nel secondo viene buio e non vedono più niente oltre la porta (e quella lì la vedono eccome)
I ragazzi in granata sono tesi, gli è luminoso il valore della posta in palio. Il n° 32 è la Carpa, schierato esclusivamente per catalizzare gli insulti della non oceanica tifoseria ospite. Nel libretto di un disco (gli Ignoranti – Vi fregano le ragazze) che non ascolto da una vita, c’è una dedica che all’epoca fu decisiva per l’acquisto: “A Marco Carparelli per aver reso felice una città”. Il soggetto in questione aveva appena firmato l’1-0 nel derby della Lanterna. La Carpa mi piaceva eccome e il Genoa era una squadra simpatica…le cose cambiano.
Sembra la solita partita del Piace, qualche sbavatura, l’impostazione approssimativa, ma nulla di preoccupante. L’innesco della disfida arriva da una punizione procuratasi dal Moscardelli. Sulla palla c’è Guzman. Mi sposto di qualche gradino per recuperare un po’ di prospettiva e comunico al Peppo “E’ goal” e indico l’incrocio alla sinistra di Pierobon. Parte il tiro, la rete si scuote, la palla è entrata, sicuramente non nel punto indicato. Il più è comunque fatto, possiamo solo vincere.
Invece due rigori consecutivi, di cui solo uno parato, portano in parità il risultato.
Firmavamo lo 0-0, continuiamo imperterriti a sostenere l’importanza del punto. Nell’intervallo c’è la gustosa esibizione della “Zilia” la mascotte di casa a forma di torre. Chissà come se la son goduta qualche mese fa i giovani lombardi.
Entra Mengoni per Calderoni, l’interpreto come un tentativo di bloccare la partita e in qualche modo sono contento. Anaclerio spostato sulla fascia si propone 3 volte consecutive, due da dimenticare, alla terza passiamo. Moscardelli, dopo averla messa, vorrebbe esultare con i tifosi, poi ci ripensa e rimane lì a mezza via.
Qualche minuto ancora, altra punizione in attacco. Guzman mira bene, il braccio di uno in barriera evita di vedere la fine della traiettoria. Rigore e goal del n° 20 piacentino.
Neanche il tempo di scherzare sul “disagio veneto” che in rapida successione prendiamo 3 goals. Quello che fa male è il pari, quello del sorpasso è l’unico filo logico di tutti i 90 minuti. La tribuna scoperta scandisce “cinque-cinque-cinque”. Invece la partita cambia, ma il Piace c’entra poco. Il Cittadella che sul 1-3 godeva dei benefici della testa sgombra, dovuti al “perso per perso”, si trova a dover gestire la paura di vincere. In pieno recupero, un pallone che rilanciamo a casaccio rimane a metà tra portiere e difensore avversario. Il portiere esce, il difensore lo mette fuori causa. Rickler ha seguito il tutto. Noi esultiamo, ma il nostro difensore sembra non arrivare mai alla palla che ruzzola lenta verso il fondo. Quando il biancorosso, in scivolata, imprime il cambio di direzione, noi stiamo ancora esultando. La sfera percorre lentissima tutto lo specchio della porta, colpisce il palo e finalmente entra. Non esultiamo più, stremati da questa partidlassa.
Punti persi? Punto guadagnato? E’ il punto che volevo, mi sarei solo risparmiato i grotteschi passaggi per arrivarci.

Note a parte.
Pioli vedila come vuoi, ma Abbate è un centravanti.
Lo sceicco cui è stata proposta l’acquisizione del Piace è raggiante dopo aver constatato che macchina da reti siamo.
Il biglietto acquistato in prevendita, porta lo stemma “Lega Pro”, basterà toccarsi i maroni o la squadra saprà capitalizzare i propri errori?

Arvodas

 

LIVORNO-PIACENZA 3-0 (Tavano, Diamanti, Rossini)


Livorno Lavora.
Quando Rossini ha infilato per la 3° volta la nostra porta eran passati circa 30 minuti e la rotazione dei tabelloni pubblicitari a bordo campo si è fermata sul logo dell’agenzia di impiego interinale e temporaneo di cui sopra. I pochi piacentini presenti comunque se n’erano già accorti che Livorno stava lavorando e pure con un certo profitto.
Acori è un rancoroso. La scorsa stagione, sotto un’acqua fastidiosissima, gli scippammo 3 ricchi punti in quel di Rimini e non l’ha mai digerito. Ha organizzato tutto lui: ha fatto piovere ancora, s’è fatto comprare Miglionico e per non correre rischi ha schierato Tavano, Diamanti e Rossini perchè non si sa mai. Se va tutto come deve andare, per la prossima stagione non ci sarà bisogno di acquistare biglietti per Livorno-Piacenza, quindi son raccomandazioni inutili. Ma se vi capita di doverci andare, sappiate che le biglietterie sono al Palasport; che se incontrate una con indosso la pettorina della Società labronica, è inutile chieder informazioni e soprattutto che si può trattare il prezzo del tagliando. Almeno, quelli davanti a noi lo stavan facendo.
Durante il viaggio d’andata, non è scaturita un’opinione condivisa a larga maggioranza sul pronostico: chi presagiva la loro goleada, chi sicuro sentenziava: “Se giochiamo, vinciamo”.
La sicurezza di questa affermazione è durata fino allo svincolo per l’Ardenza, dove la segnaletica stradale informa dell’esistenza di un paese a nome Salviano. Siamo ancora in fase di imbocco quando dal sedile posteriore si leva un mesto: “Noi non ci Salviano”. Gelo nell’abitacolo.
Sto ancora assaporando il fascino dello stadio deflorato quando segna Tavano. Sto ancora saraccando per l’occasione mancata da Moscardelli quando vedo Riccio saltare a vuoto sul corner di Carboni Cristallizzati (ogni tanto non riesco ad arginare la formazione tecnica), allora decido di concentrarmi.
Basta un attimo: uno striscione giallo con la scritta: “Spinelli il più grande presidente” e un sacco di giubbe antipioggia dello stesso colore. Distolgo l’attenzione dal prato nel tentativo di individuare il presidentissimo, ma è impossibile. Più agevole è il verificare che l’arginella eretta da Pioli ha ceduto di schianto. Sembra una partita del giovedì, quelle in cui il Piacenza va ad allenarsi in provincia.
Da lì in poi solo acqua, sostituzioni e un rigore errato da Moscardelli. Povero Davide, ha tribolato in lungo e in largo, preso dei nomi da tutti…ci voleva anche questo cordialino per tenersi su.
Oltre al rigore l’unica cosa da segnalare nel secondo tempo è stato un rinvio a campanile di un livornese, tutti fermi ad osservare la traiettoria dell’ogiva, tutti tranne Avogadri che va a respingere di testa.
Il ragionier Ugo, commosso, ringrazia per l’omaggio.
Al triplice fischio i calciatori, anziché infilarsi nel sottopassaggio (supponiamo allagato), attraversano il parterre della tribuna per raggiungere gli spogliatoi. Piove talmente forte che la gente manco se ne accorge di questo inusuale incrocio. Vedo Passoni ricevere calorose congratulazioni, per niente fasulle, dai suoi ex tifosi: non volevano rimpiangerlo, non si è fatto rimpiangere.
E’ andata male, consoliamoci con la massima “I campi pesanti penalizzano la squadra più tecnica”.
Mister Arkadin in “Rapporto confidenziale” ci racconta la storiella della Rana e dello Scorpione per farci capire che si può modificare tutto, tranne il carattere.
Mister Pioli sta lavorando per darci un carattere, alle modifiche penseremo in un secondo momento.
Mi manca mio padre quando rientro da questo tipo di trasferte; la sua formula canonica era:
“I ciapè una bèla rangièda eh?”
“Si”
“Et anca ciapà so?”
“No”
“Bein alùra at po’ andegh ancùra”.
Quando perdo non sono incline al dialogo.

Arvodas

 

PIACENZA-ANCONA 2-0 (Ferraro, Olivi)


Allenatore:- Di che cosa ha bisogno il Piacenza per trionfare?
Squadra in coro: - Perché i biancorossi possano trionfare c’è bisogno di collaboratori fedeli, di calciatori disciplinati, di tifosi intransigenti.
Allenatore: - Chi è il fedele collaboratore del Piacenza?
Squadra in coro: -É fedele collaboratore chiunque si consideri soldato, anche quando lavora in ufficio, nelle officine, nei cantieri e nei campi. Soldato legato a tutto il resto dell’esercito. Non è un fedele collaboratore chiunque pensi che la propria fortuna valga più di quella del Piacenza.
Allenatore: - Come deve essere la disciplina del vero calciatore del Piacenza?
Squadra in coro: -La disciplina del vero calciatore del Piacenza deve essere silenziosa operante e devota!
Allenatore: - Se obbedire costa sacrificio?
Squadra in coro: - La vera, la saggia, la santa disciplina è nell’obbedire quando dispiace, quando rappresenta sacrificio.
Allenatore: - E se questa disciplina non venisse accettata?
Squadra in coro: - Verrebbe imposta
Allenatore: - Sono permesse mormorazioni o critiche?
Squadra in coro: - Il Piacenza bandisce dalle sue file i litigiosi e quelli che han bisogno costante di creare difficoltà.
Allenatore: - Qual è il comandamento del Piacentino?
Squadra in coro: - Ama il lavoro per l’orgoglio che dà all’individuo e per l’armonia che crea nella squadra. Pensa che ogni bega ed ogni dissenso sono un ritardo frapposto all’ardore mirabile del Costruttore.
All’udir queste parole uscire da una finestra degli spogliatoi, i tifosi della tribuna, anche quelli appartenenti all’elettorato di centro sinistra, si fregavano soddisfatti le mani.
Formazione a sorpresa quella annunciata dall’altoparlante: col recupero di Olivi e Graffiedi il  mister riprende anche la sua originaria idea coi 4 in difesa 3 a centrocampo e 3 in attacco. I biancorossi di casa, pur in mezzo al nulla, mostrano scarsa dimestichezza con il modulo riciclato. Guzman abituato a movimenti da centravanti va a sovrapporsi alle mosse frenetiche di Ferraro.
Con sovrapporsi intendo proprio l’andare uno sopra l’altro.
Passa praticamente un tempo dove il dilemma è capire se Passoni ha una fascia color carne in testa o se il suo barbiere lo ha malconsigliato, quando d’improvviso compare la “Toccata”.
Guzman inventa la legittima estensione ad una sovrapposizione (qui in termini calcistici) di Avogadri. Cross da campione, portiere e difesa estromessi, Ferraro quasi indisturbato insacca. Cinismo impressionante: c’è ancora un tempo, ma a quel momento con l’Ancona son 3 punti a tiro. Nell’intervallo ci si interroga se alla gente che in serata vedrà i riflessi filmati, potrà sembrare verosimile che il Piace giochi un buon calcio giudicando l’azione del goal.
Secondo tempo: l’Ancona deve cambiare passo, ma il Piacenza è indisposto a concedere spazi. Prova a disincagliare la partita il mister dorico con la più banale sostituzione possibile: dentro una punta in più. Risponde Pioli con la stessa metrica adottata col Grosseto: dentro una punta in meno.
Lo stadio, affezionato ai propri “bomber” come mai nell’arco della stagione, accenna il dissenso. Qualche minuto per capire di aver fatto la cosa giusta e Pioli chiama fuori l’esausto Ferraro per il furibondo Moscardelli. La trance agonistica porta il numero 9 a battere anche un corner. Mi indigno, ma è il più bel tiro dalla bandierina dell’anno e Olivi lo insacca.
L’aspra rampa di inizio partita è ora un piacevole declivio. Guzman eccezionale: un tiro a volo da buono impegna il portiere avversario. La palla rimane in area e Radja, nella circostanza poco reattivo, non interviene a dovere. Un signore sbotta: “Me sa g’aviss un fiò atzè al trarriss in Po”.
La cattiveria che manca ai nostri calciatori per arrivare in cima alla catena alimentare dell’ ecosistema denominato serie B è tutta sugli spalti. Bisogna solo saperla gestire.

Arvodas

 

PIACENZA-ALBINOLEFFE 1-2 (N.Madonna, Ferraro, N.Madonna)

Quand’ero piccolo, ricordo che in paese c’era l’usanza di andarsi a bagnare gli occhi in Po nel giorno dell’Ascensione. Al ritorno era d’obbligo la sosta nell’oratorio di Santa Vittoria, dove si diceva un Ave (i più frettolosi) o un rosario (i più devoti) al Madunein.
L’usanza s’è persa.
Vuoi perché l’inquinamento ha smorzato i taumaturgici effetti delle acque, vuoi perché una signora, dopo aver dichiarato che andava a bagnarsi gli occhi, l’han tirata su dopo un mese.
Il Superiore non ha sicuramente gradito la sparizione di tante belle preci ed aspettava il momento propizio per servire la propria gelida portata. Quale miglior occasione di due goals del Madonnino, tesi a condannare il Piacenza al rientro nel moione della bassissima classifica?
Oltretutto due reti in bilico tra il fortunoso e il voluto, direi quasi pilotati dall’Alto.
Albinoleffe è la rappresentazione sportiva di due paesoni bergamaschi, una di quelle mostruosità a cui non mi abituerò mai. Non ce l’ho con quelli di Albino, né con quelli di Leffe; presi singolarmente vanno benissimo; è quell' unione che stride. Aladino e il Mindo, che oggi occupano ruoli importanti in società, non bastano a caricarli di simpatia. Con loro sai già come va a finire: una brutta partita che per bene che vada la pareggi. A smentire il tutto, non è stata una brutta partita e non l'abbiamo pareggiata. Radja dirà che impattare serve a poco, qualcuno gli spieghi che non è vero.
L'annuncio di Ferraro titolare provoca il il vicino di ringhiera come solo la lesa moralità della mamma potrebbe. Di lì a qualche minuto si spoglierà nudo in eccesso d'esultanza.
Son talmente spiazzato dalla semplicità con cui raggiungiamo il pari (perchè loro han segnato dopo 15", non si può far finta di niente) che quasi quasi comincio a credere sia la volta buona per divertirsi. Spettacolare davvero la nostra azione offensiva, forse la più bella dell'anno e il manuale del calcio c'entra poco. Nainngolan scambia con Guzman e s'invola sulla fascia; cross teso, incornata in tuffo di Ferraro, centro. Tutto qui? Si, ma ne vedo così poche che mi son gasato.
Dopo il pari la gara diventa piacevole e per tutto il primo tempo la squadra si offre vogliosa e spigliata. Le speranze si rinforzano.
Bastano 15 minuti, inezia nel corso di una vita (a meno che non siate centometristi), per restituire due squadre completamente differenti. Sembra stravolgere le cose l'ingresso di Mengoni, assolutamente pronto per ambire al ruolo di sig. Malausseine per il pubblico piacentino. Sembrano dimenticate le parole dell' indimenticato Kharja: "Per recuperare appieno, serve un periodo uguale a quello di stop".
Comunque, arriva il secondo sigillo personale del Madonna jr. Tempo per riscattarsi ce ne sarebbe d'avanzo, uomini per agire anche. Invece, pur creando qualche pericolosa situazione, restiamo a due palmi minimo dalla concretezza (voleè di Guzman, colpo di testa di Moscardelli, tiro di Graffiedi). Perdiamo.
Che questo sia un anno di sofferenza lo può usare solo chi scrive i giornali ed eventualmente chi si limita a leggerli. É da quando vado allo stadio che peno (l’ uso del vocabolo non è casuale dopo la partita di cui sopra), di base ci vado proprio per quello.

Ecco l’odore di mio figlio
come l’odore di un campo
che il signore ha benedetto
(Genesi - Armando Madonna)

Arvodas

 

SALERNITANA-PIACENZA 0-1 (Anaclerio)


Salerno deve la notorietà di cui gode per essere la barriera autostradale più odiata del Nord Italia. L’origine di quella A3, simbolo di ruberie e piagnistei ingiustificati.
Poi un giorno, grazie al veicolo calcio, la città di Salerno si fa conoscere anche per altri motivi. Emergono dirompenti tutte le rivendicate dissomiglianze con Napoli, a cui nell’immaginario collettivo è spesso accomunata. Certo, il sindaco Gentilini fatica a considerarli fratelli, ma è innegabile che grazie al cavalluccio marino amaranto, si presentarono all’Italia sotto una luce differente.
Un bello stadio (almeno alla tv sembra tale) intitolato ad un Principe, con un pubblico appassionato, parevano raffigurare il giusto biglietto da visita per uscire dall’anonimato.
Il corso degli eventi portò all’ incrocio i destini di Salernitana e Piacenza in una di quelle partite che nel bene (per noi) e nel male (per loro) concorrono a scrivere col maiuscolo la Storia calcistica.
Le due novantenni società, ignoratesi per un lungo periodo, ultimamente intersecano spesso le loro strade; sabato ad esempio si son date appuntamento per giocarsi una porzione importante di campionato. L’andata fu una brutta partita che Salerno vinse senza scandalo. Erano primi in classifica, giravano bene, gli acquisti di pregio rendevano. Poi pian piano ci hanno raggiunti nella parte destra della classifica, assestandosi in scia.
Le mail scambiate in settimana con gli amici avevano tutte lo stesso comune denominatore: “Gara di sofferenza assoluta”.
Tutte tranne una che nella sua unicità suonava decisamente poco veritiera: “Espugnamo l’Arechi”.
Fasulla forse, ma sufficiente per innescare la scintilla della fiducia. In fondo loro sono in crisi e noi stiamo bene, quindi perché no?
Andrea investe 6 euro e invita il crocchio a visionare tutto dal divano di casa sua. La moglie è fuori e il bimbo dorme. Almeno, dormiva fino al goal di Anaclerio quando l’urlo scomposto dell’ottomana centrale l’ha tirato in piedi.
Una partita spettacolare quella del Piacenza, i biancorossi han fatto piovere e asciugare. Qualche piccola sbavatura, vedi ad esempio il fallito (in più circostanze) raddoppio, ma fondamentalmente non avevo ancor visto una prova di forza simile.
Pioli riesce a vincere contro una squadra precedentemente allenata e penso non sia dispiaciutissimo. Che ricordo abbian di lui da quelle parti non so dirlo, spero non sia paragonabile a quello lasciato da noi da Ganci e DiNapoli. Posso invece raccontare che Ferraro a inizio gara, è stato chiamato sotto la curva a salutare. La cosa sorprende me, ma anche lui e il rendimento avuto lo conferma.
Tecnico della televisione:
1 - Si è parlato di Nainngolan in tutte le maniere: pro, contro, Real, BettolaSpes. Bene: Radja è una garanzia assoluta.
2 - Avogadri è predisposto per regalargli un po’ di anonimato. Stefano cresce in termini esponenziali.
3 - Riccio ha toccato una volta sola il pallone, ma il palo che ha colpito è tra i gesti migliori dell’anno.
4 - Corriamo il rischio di abituarci a prestazioni simili, magari centrandone una casalinga. E’ così piacevole perdersi in chiacchiere alla fine di una bella partita. Vinta.

Arvodas

 

PIACENZA-MODENA 1-0 (Anaclerio)

Le tigelle sono un piatto della tradizione modenese, per mia fortuna le ho assaggiate, preparate proprio secondo la tradizione. É successo un po' di tempo fa ma vi assicuro che il mio palato e le papille gustative conservano il ricordo della bontà, della fragranza e la semplicità di quel tipo di “pane”. Così Stefano Pioli ai microfoni di radio Sound ha commentato la seconda vittoria consecutiva contro una ex squadra.
In settimana i tesserati Piacenza calcio avevano in tutti i modi cercato di motivare la cittadinanza alla partecipazione attiva. La stampa, pur riportando i proclami, aggiungeva la consueta nota di mestizia: “Non fatevi fregare gente, non vale la pena sbattersi”.
Ieri ho visto Gentilotti da Biolchi: messo su un trespolo, sembrava Giacomo quando fa l'avvoltoio. L’ho guardato 5 minuti, era un avvoltoio normale.
Abbiamo vinto, se non avessi rivisto in tv l’occasione che s’è divorato Bruno, avrei sicuramente aggiunto: “senza patemi”. Apolloni, mister che in sala stampa ricorda molto il Marione, parla di grande prestazione dei suoi. La cosa mi rende lieto: se questa è stata una delle loro buone esibizioni, la salvezza (per noi) è più vicina.
Abbiamo vinto, la festa in campo dei nostri cuccioli è combustibile per il cuore. Quando a casa consultando il televideo, ho dovuto attendere la pagina 2 per vedere il nome Piacenza, ci son rimasto male. Non cambia niente, ma mi ruga.
Abbiamo vinto, come sette giorni addietro a riempire lo spazio degli addetti alla marcatura ci pensa Anaclerio. L’azione che lo porta a segnare è clamorosa: Riccio intuisce la sovrapposizione del compagno e serve nel vuoto. Il pubblico, pur non composto da soli fisici, elabora che la velocità della palla e quella del terzino sono opportune. Anaclerio sembra la Carfagna tanto sgrana gli occhi per lo stupore provocato dall’inesistente reazione della difesa modenese e bello come la ministra va fino in fondo. La traiettoria impressa sapientementemente alla biglia cozza contro uno dei funghi blu striati di giallo e va nel sacco.
Abbiamo vinto, la partita non passerà alla storia, ma c’è soddisfazione. Pioli avrà fatto le sue cappelle, ma la squadra è sua e lo segue. I calciatori sono motivati, Zammuto è l’ultima conferma.
Abbiamo vinto, ed è entrata anche la maglia di Lamacchi. Adesso ce l’ha su Volpato, gli dona moltissimo, solo sembra un filo stretta.
Abbiamo vinto, Guzman ha sbagliato il rigore, Moscardelli non è riuscito a raddoppiare, Graffiedi nemmeno, ma stiamo benone. Ascoli è tradizionalmente terreno poco indicato per i papaveri. Andiamo giù con un piano quinquiennale, portiamo stabilità, diamoci continuità.
Abbiamo vinto, è molto bello scriverlo sapendo che è vero.

Arvodas

 

ASCOLI-PIACENZA 2-0 (2 Belingheri)

Si è detto e scritto molto sugli orari scelti per il campionato di serie B. Fino a qualche tempo fa ero convinto che: “Quando non c’andrà più nessuno, faranno retromarcia”. Invece niente, anzi è sempre peggio. Possono contare su un notevole bacino di tossicodipendenti, continueranno a fare quello che vogliono. Comunque sia, si gioca alle 19 di venerdì in quel di Ascoli, qualcuno trova il tempo e ci va, qualcuno guarda la tv, qualcuno non si schioda dalle proprie abitudini che non prevedono il Piacenza in campo.
A proposito di stupefacenti, mercoledì sera c’era lo stadio illuminato, immaginando fosse per le prove della notturna, son passato a dare un’occhiata. Faccio due chiacchiere con uno che non incontravo da anni e dopo un po’ mi racconta l’aneddoto del Pino al casinò.
Dopo aver dilapidato una fortuna a Chemin de Fer, il Pino conosce una che gli si propone: “Andiamo a casa tua “. Raggiunta l’alcova, la tipa si fa subito intraprendente e dopo pochissimi preliminari ordina: “Frustami”. “Me g’ava in ca’ gninta… ho vert al frigur, gh’era un silar…agh’lo druè dre, fein cal s’è mia dasfatt”. La verdura fa bene.
Venerdì sera le luci dello stadio sono spente, ci passo davanti per andare a veder la partita al bar. La vedo e non son nemmeno deluso. Mi allineo a Gregori, anche per lui non c’è niente da dire se non riportare: “Ascoli - Piacenza 2-0”. Belingheri ne ha fatti due, così c’è ancora meno da scrivere.
Sto scambiando le ultime due balle post partita con lo Zio che entra il Lubo. Abbigliato in modo ricercato, ma attenzione, non da sfilata in vasca, esordisce con “Oggi giornata speciale”.
Aggiunge “Sono marcio”. La flessibilità della lingua lo aveva abbondantemente evidenziato, senza bisogno di aggiunte.
Il barista è astuto, beve 3 bicchieri d’acqua (la minaccia è: “Se non bevi non pago”), io molto meno. Nel giro di un niente ho davanti un Cardinale e 2 prosecchi. Lo zio, fiutata l’aria, subdolo si defila dopo il primo Borghetti. Del resto il Lubo aveva manifestato un discreto interesse per la pancia della zia, dimostrando anche una certa esperienza su forme e contenuto. Straordinaria la battuta “Io lo faccio sempre nell’acqua per farlo sembrare più grosso”.
Trilla il cellulare, Lubo controlla, è la sua morosa. Passa l’apparecchio al barista e gli fa “È la mia morosa, rispondi tu dille che son andato”. Il gestore ligio: “Ciao scusa se rispondo io, ma il cellulare è rimasto qui. Lui è entrato, ha ordinato un bianco, si è sentito male e l’han portato via, penso sia morto. Tra l’altro il bianco non l’ha neanche finito”. La tipa deve essere abituata a mosse simili. La immagino perentoria ordinare di metterla in comunicazione col moroso, perché vedo il barman allungare il cellulare al legittimo proprietario; il quale disinvolto: “Stasera non ne ho voglia” e riattacca.
Lubo, guardandosi attorno con circospezione, mi fa: “Guarda, la possibilità che Garilli lasci il Piacenza è nell'aria, ma stavolta ti invito a riflettere sul fatto che l'ipotesi non è per niente peregrina. La tengo un po’ sottotraccia in attesa di tracce più consistenti, ma bisogna cominciare a pensarci. Se davvero vuole lasciare il Piacenza, spero lo dica nei tempi più rapidi possibili, per evitare una pericolosa vacanza di proprietà e dare a chi può muoversi un po' di respiro nella ricerca di nuovi, possibili proprietari”.

Arvodas

 

PIACENZA-TREVISO 2-0 (Ferraro, Bianchi)

“Stavamo costruendo la centrale (la vecchia Levante), con la gru han sollevato uno dei tuboni per il raffreddamento. Quando è arrivato ad una certa altezza, alle estremità son sbucate le testoline terrorizzate di due imboscati che ci stavan dormendo dentro. Il sindacato ha tribolato non poco per spendere l’azione dei due tecnici specializzati come certosino controllo di qualità”.
Non so quale sia il motivo per cui alla gente vengano in mente le storie più stravaganti una volta accomodatisi allo stadio. Vuoi per l’adrenalina che gira mille, vuoi per la necessità di diluire la pressione, ma sono una dote irrinunciabile.
Perfetta la locazione del turno infrasettimanale, la possibilità di rimontare in sella dopo una brutta caduta è quanto di meglio potesse capitare. Vero che ci presentiamo alla delicata sfida con una diretta concorrente, vero che siamo in regime di austerity difensiva, vero che ogni qualvolta ci siam trovati a dover reperire risultato pieno abbiamo steccato, ma è soprattutto vero che il Treviso non è una diretta concorrente.
Pioli, costretto alla rotazione forzata in difesa, si regala il vezzo di rotare anche l’attacco. Dall’undici di partenza rimangono fuori Moscardelli e Graffiedi, al loro posto Ferraro e Volpato. Bisogna segnare, ad oggi questi due sembrano proporre le garanzie maggiori. A centrocampo non ci sono variazioni: Riccio, Nainggolan, Passoni e Guzman han convinto il mister più di tutti, mentre Avogadri, Iorio, Zammuto, Calderoni sono l’obbligata barriera eretta di fronte a Cassano.
Barriera, vocabolo molto familiare qui da noi. Del resto a Piacenza si fa e si pensa calcio da tempo immemore. Ad ogni ingresso cittadino c’eran le Porte, le abbiamo sostituite con le Barriere. Quanto importante fosse garantire l’impenetrabilità del fortino, fu lampante già agli amministratori dell’epoca. Che la Storia riporti la nascita del pallone nostrano al 1919 è una formalità mista ad una questione di qualità.
Il Bigino della partita riporta di un Treviso che parte bene. Ci vogliono 10 minuti ai biancorossi per assestarsi in campo, ma trovati gli equilibri transitiamo: Ferraro gratifica gli affezionati con la capriola di gaudio.
Cassano riscatta l’infortunio di Ascoli con un miracolo di parata (ma qualcuno parlava di palo). Entrano: Bianchi per Nainngolan, borborigmi del pubblico sulla coraggiosa scelta, e il Mosca per Ferraro, brontolii più insistenti, perché Volpato a chi è sugli spalti sembra abbia il boffo.
Guzman istoria una parabola perfetta per Bianchi che raddoppia premiando ancora una volta l’occhio clinico dell’allenatore.
Esce Guzman per un motivato Aspas, giusto per chiudere in bellezza la cronaca di una morte annunciata. I pochi ma reattivi tifosi della Marca intonano: “Io credo/risorgerò/ questo mio corpo/vedrà il Salvatore”.

Appunti:
1- La concorrenza nel gruppo fa bene. Chiedere conferma al colosso di Mons.
2- Che fosse un compito facile è facile scriverlo dopo.
3- In curva si son divertiti, nessun coro solo cacofonia gutturale reiterata. I trevigiani, purtroppo non udibili da tutti, han risposto con la stessa moneta: sono sempre uno spettacolo.
4- Voltiamo pagina e non è un modo di dire, la 210 di Televideo ci vede segnati nella 1 di 2 e
forse
davvero
ci Piace
si ci Piace di più.

Arvodas

 

PIACENZA-FROSINONE 3-0 (Ferraro, Volpato, Avogadri)


In fondo c’era l’agro convincimento che l’iniziativa solidale “un euro per i Distinti” coincidesse con una prestazione sottotono dei biancorossi. In settimana i firmatari del pari avevano la percentuale per poter governare senza apparentamenti. Pavido e silente mi accodavo.
Il sole che molesto disturba il sonno del sabato non dipana i cattivi presagi alimentati dall’attacco frusinate. Dedic, Eder, Cavalli, Santoruvo…come facciamo a marcarli?
Allo stadio qualcuno in più c’è sicuramente, lo si intuisce (perspicacia spicciola) dalle inusuali code ai tornelli. Immediato serpeggia il malumore: “Noi abbonati siamo penalizzati”. “Non è giusto che la gente ci venga solo quando si paga poco”. Per fortuna basta lo sguardo carico di commiserazione dei più equilibrati affinché la contestazione rientri.
Cominciamo male, concedendo un doppio paio (quattro) di occasioni ai ragazzi in gialloblu per fortuna non gestite al meglio. Lo sgrislone collettivo scatenato dall’errato pallonetto di Eder servirà solamente alle recriminazioni dei nostri avversari in sala stampa. Di ben altro spessore è il colpo di testa di Ferraro, che appena prima s’era divorato una disonesta occasione (fuorigioco non segnalato). Il nostro centravanti si fionda impavido su un pallone a mezza via tra portiere e difensore e travolgente (il portiere sa a cosa mi riferisco) insacca. É ancora capriola.
Quando Ferraro chiede il cambio ed esce sostituito da Volpato, c’è un po’ di magone. La tesi dell’infortunio dovuto all’esultanza non supera la riconoscenza.
Il Frosinone fatica a reagire, la nostra difesa stronca ogni loro iniziativa. Dedic, Eder, Cavalli, Santoruvo…ma chi sono?
La partita, che già ci vede felici per il risultato acquisito e per il gioco visto, migliora ancora nel secondo tempo. Azioni veloci congeniate in allenamento, miste ad altre dettate dalla personale iniziativa, ci portano a dilagare. Raddoppia Volpato ed è un goal da centravanti, triplica Avogadri ed è un goal da fuoriclasse.
Esce Moscardelli sostituito da Siligardi; una prodezza in allenamento di questo giovanotto me lo ha reso simpatico, l’emozione del debutto però lo ha frenato.
Esce Graffiedi sostituito da Aspas, non c’è la stessa ovazione tributata a Moscardelli (devo ripetere il cognome perché sostituendolo con “bomber” sembra di prenderlo in giro e non lo merita), ma ha giocato bene e gli è riconosciuto.
Esce il triplice fischio e tutti scattano in piedi ad acclamare i calciatori, una volta tanto tornati beniamini. Non ci sono piroette, ma si saltella ripetutamente per non suscitare nel vicino dubbi sul luogo di nascita.

Note a parte
- Come dice Benedetto, avvalorato da U. Tirelli (coordinatore del GICAT) : “La salvezza non verrà dai preservativi. Sono vittorie come questa a costruirla”.
- Pioli per tutta settimana ha ripetuto alla squadra: “Quando ho cominciato a usare la dinamite anch'io credevo a tante cose, in tutte... e ho finito per credere solo nella dinamite.” I ragazzi hanno capito.
- Due squadre in salute affronteranno il prossimo derby del ducato, temevo ce ne potesse essere una sola, sono molto più tranquillo.
- Benvenuta Chiara, abbiamo già pronta la scala per raccogliere le fragole con lo stemma del Piacenza Calcio. Te la porto martedì, così abbraccio la mamma e mi metto d’accordo col papà per andare a Parma.

Arvodas

 

PARMA-PIACENZA 1-1 (Budel, Graffiedi)

Ricordo quanto fossi prevenuto la prima volta che vidi Parma. Ero già stato al Boscone (Boscone Cusani per completezza d’informazione) che il Mario ‘d’ la Clara, vicino di allora, definiva “Piccola Parigi”. Da lì il mio convincimento che la definizione “Piccola Parigi” si riservasse solo a dei “postassi” dove nessuno voleva andare.
La prima volta che vidi Parigi mi convinsi che centrava davvero poco col Boscone (molto più simile a Berlino), ma anche con Parma.
Col Boscone non era derby vero. Li snobbavamo, non potevamo considerarli al nostro livello tanto era differente la densità di popolazione: faticavano a far su una squadra da 11.
Eppure rievocare quella partita in cui concedemmo loro di raggiungere il quorum, permettendo di schierare due nativi del borgo residenti altrove, è motivo di sofferenza.
Perdemmo 6 a 2, mi toccò di marcare Robertino il vecchio (oggi, allora ne aveva una trentina) che ne fece quattro. Giocammo a casa loro e, nonostante fosse un’infrasettimanale, c’erano quaranta persone accalcate alla recinzione.
A fine partita provammo a lamentarci del fatto che Robertino non avrebbe potuto esser della sfida, ma fu una protesta isterica, il regolamento non era preciso in merito. Quei 4 km percorsi in bici per rientrare a casa dopo la disfatta ci insegnarono che il senso di appartenenza, il calore della gente e lo spirito battagliero superano l’ostacolo, qualsiasi ostacolo.
Anche ieri son partito prevenuto, è la prima volta che una società avversaria mi offre ospitalità. Come il verme che si aggira nel pomo, assorbo trasformando la polpa della Grandeur offertami. Buffet organizzato in una sala della tribuna d’onore, le foto di trofei e Campioni (C maiuscola) alle pareti, la maglia crociata sotto vetro, la porta degli spogliatoi a due passi e soprattutto poltrona riservata con graditissima opzione tettuccio fisso.
Gli altri fortunati son famiglie, guardano con interesse le sciarpe rosse appoggiate sul nostro tavolo. Di fronte ho un pingue baffuto, deciso a monetizzare la giornata abboffandosi di “veli di Parma”, nome strutturato per nascondere la coppa (c minuscola) autoctona.
Raggiungiamo i nostri posti, la maschera ha un tuffo al cuore quando gli mostro il biglietto, nominativo si, ma del settore ospiti.
Della partita non so cosa si possa dire di credibile, so solo che ho ancora occhi lucidi a ripensarci.
Lo spicchio in festa, il tunnel che innesca l’azione del pari, Avogadri che anticipa la battuta di Paloschi (in fuorigioco), Cassano che toglie un pallone già entrato (forse anche due), Iorio e Zammuto che giganteggiano sui loro quotati avversari diretti, Abbate e Siligardi che s’abbracciano due file sopra noi. Tutto troppo bello, tutto troppo vero.
Al casello, punto di incontro prescelto per la via del ritorno, il coronamento di una giornata perfetta. Arriva una limousine da cui sbuca il cicciotto coi mustacchi dell’area Ospitalità. Sembra un normale avvicendamento alla guida, visto che dall’altra portiera sbuca la compagna. Invece il ciccio mi spara 3 bei getti di semi-digerito quale conferma che la coppa di Parma, oltre ad esser meno buona della nostra, fa anche male.
Arrivano gli amici, sono qualcosa in più di umidi, eppure non m’invidiano, non gli manca affatto quello che descrivo, non baratterebbero con niente la sofferenza ripagata.
Voci sicure riferiscono che negli spogliatoi Pioli cantasse:


guarda quanti ce n’è
tutti fermi nel prato, fermi
madonna quanti ce n’è
guardano in alto, il cielo
e non so perché
io non capisco perché
allora vado da uno e chiedo
e gli chiedo cos’è?
lui mi risponde sorridendo
perchè sa il perché
Guarda c’è una mano in cielo
Ma tu la vedi o no?

Arvodas

 

PIACENZA-BRESCIA 2-2 (Tognozzi, Moscardelli, Caracciolo, Ferraro)

 

La giocata era quotata molto molto bassa. Che la stampa locale avrebbe aperto i propri servizi sul Piace con: “Occasione persa” lo sapevamo tutti.
Se tecnicamente non c’è nulla da eccepire, va però aggiunto che è un’occasione da non rimpiangere. L’abbiamo giocata, abbiamo fatto tutto quello che era possibile per vincerla, speso tutto quanto era a disposizione. Non ci siamo attaccati alla malasorte, non abbiam pianto miseria per gli infortuni subiti, non abbiam modificato l’obiettivo.
Il risultato pieno ci avrebbe fatto sicuramente comodo per alimentare il riverbero di un campionato rivitalizzato verso l’alto. Non ci siamo riusciti, ma la cosa sposta solo la punteggiatura, non il senso della frase.
L’operazione “Vieni a bere il caffè allo stadio” funziona, la densità di popolazione per metro quadro non è ancora a livelli di Bresso, ma gente ce n’è e fa piacere. Sfrutta la ghiotta occasione anche Gianmaria, non c’eravamo più visti perché il sabato gioca. Era piccolo la prima volta che l’ho portato allo stadio, voleva vedere Ronaldo e s’è innamorato del Piacenza. Uno spettacolo anche la morosa, han litigato perché lei voleva andare a vedere il Fiorenzuola.
Occasione persa ci dicevano…a parte che la cronaca di Gentilotti la potete cominciare dal basso verso l’alto e forse anche da destra verso sinistra che la comprensibilità non cambia, ma come si fa a saltar via tutto il tormento che s’è vissuto sugli spalti. L’ansia di dover vincere combinata in rito abbreviato all’agitazione del perdere.
Passa un minuto: rigore per noi espulsione per uno di loro.
Passan due minuti traversa per noi, niente goal subito per loro.
Nervosismo, c’è un “cappellino” di Cassano, un signore sotto di noi s’indigna “T’na fa veins vùna e perd trì”. La ribellione dei vicini è collerica, il tipo rivede le sue posizioni aggiungendo diplomazia.
Passan 20 minuti, due uomini fuori con infortunio per noi, molta soddisfazione per loro.
Il goal bresciano arriva scortese come la R in “rasgadùra”.
Il pari di Moscardelli è dolce come l’oro tra le vigne.
Il prezzo del biglietto (e non è ironia spicciola) risulta già abbondantemente ripagato.
Secondo tempo.
Graffiedi è incontenibile, tanto incontenibile che va a ristabilire un minimo di equilibrio alla partita facendosi espellere. Due cose: io il rigore al Piacenza lo darei per molto meno, ma se una cosa simile l’avessero fischiata a parti rovesciate, mi sarei inasprito. E si può discutere se per il fallo commesso dall’ala piacentina era più equo un giallo (con conseguente rosso) o rosso diretto, ma non sull’intelligenza tattica del nostro giocatore.
Moscardelli non si lascia impressionare, è in odore di doppia. L’ariete, non essendo animale cacciatore, si disinteressa di agire sottovento. Bega avverte il pericolo e con un robusto intervento ferma il centravanti, aziona due barellieri e guadagna il cartellino scarlatto.
Tornata in superiorità numerica, la squadra decide che il pari è il risultato più inutile possibile e attacca. Il pubblico approva raggiante, ma una “pisquanata” (erano anni che non lo sentivo) permette al Caracciolo di riportare Brescia in vantaggio.
Ferraro assomiglia più al vetriolo che non alla poesia. La sua testata vale solo punto ai fini della classifica, ma è impagabile per noi spettatori in biancorosso. Se quel volo d’angelo a un niente dal triplice fischio trovasse la sfera, anche il Faustini avrebbe trovato modo di scriverne.
Pioli in sala stampa ha dichiarato che prima di ogni sessione d’allenamento proietta il trailer di “Padre Moronno”(http://www.youtube.com/watch?v=6OsnRFqvDWg) per mantenere alta la quota infantile dei calciatori.
Funziona: loro si divertono e noi con loro.

Arvodas

 

AVELLINO-PIACENZA 1-1 (Mesbah, Nainggolan)


La tecnologia influisce notevolmente sui rapporti interpersonali. Anni fa nei servizi igienici di un bar trovai una boa nel bel mezzo della tazza e “ho tratt sò anca ‘i occ”. L’altro giorno in quella del bagno aziendale c’ho trovato una carota. L’ho fotografata ed inviata ad un amico.
Due settimane dopo la ricevo da Giancarlo con la didascalia: “Pietro Manzoni è ancora tra noi?”.
Giancarlo, caro amico con cui condivisi lo spareggio del San Paolo, oltre a rifarsi vivo dopo tempo infinito, offre ospitalità. Capisce che la posta in palio nella verde Irpinia è differente da quella partenopea, ma la caratura non si discute. Controlliamo l’orario dei treni, scendiamo in trattative minuziose (lo spazzolino, usato una sola volta per ripulire la scarsa dentatura di zia Onorina, è a mia disposizione), abbozziamo gli abbinamenti enogastronomici cui ci sottoporremo. Nel programma del fine settimana avevamo inserito anche la visita a casa Malaparte, meraviglia architettonica senza eguali.
Poi il progetto implode. Zia Onorina, origini avellinesi, recapita il seguente messaggio.
“Oggi si soffre e si fa soffrire, si uccide e si muore, si compiono cose meravigliose e cose orrende, non già per salvare la propria anima, ma per salvare la propria pelle. Si crede di lottare e di soffrire per la propria anima, ma in realtà si lotta e si soffre per la propria pelle. Tutto il resto non conta.”
La prendo male, ho sempre avuto un debole per Malaparte e casa sua (anche se al catasto è intestata a Kurt Erich Suckert), frutto dell’amore per una donna vietata.
Così mi vieto l’amore per la trasferta di Avellino, sono anni ormai che tra tifosotti timidi e disorganizzati ci promettiamo una “lunga”. Stavolta ero deciso, calcio e rimpatriata attendevano solo di esser coniugati. Invece soprassiedo: “Ho cose da fare” è una scusante mal digerita, ma sopportata a qualsiasi latitudine.
La guardo in tivù come credo la totalità dei cronisti sportivi piacentini del resto. E ne trovo conforto.
Certo un pari in rimonta lascia sempre la bocca più dolce ed è più semplice abbandonarsi a considerazioni positive. Fosse pure che l’Avellino pagò maggiormente le proprie assenze, anche noi avevamo le nostre e non ce ne siamo fatti dominare. Siamo cresciuti molto, non cediamo il campo in nessuna circostanza e quando sbagliamo sappiamo rimediare.
Lo spettacolo non è stato eclatante? Può essere, ma questi ragazzi, sempre tacciati di inseguire i propri interessi, stanno scrivendo una pagina corposa della nostra storia. Voglio loro molto bene, anche quando non provano a vincere una partita possibile. Tutto è possibile, dopo.
Cassano è un paratutto. Con la maglia rossa e la fascia di capitano ereditata da Olivi, ha raggiunto l’apice estetico.
Avogadri e Calderoni continuano a convincere.
Mengoni migliore in campo.
Olivi nota dolente, non per rendimento, per l’infortunio.
Passoni la solita concreta staticità.
Bianchi: meno appariscente rispetto alle ultime prove, ma denso per tutti i 90 minuti. L’imbeccata nel finale per Volpato era identica a quella di Ancona per Ferraro.
Nainggolan: goal strepitoso e prova da capo. Aumentano le responsabilità, aumenta il rendimento.
Aspas: è uno dei pochi che può permettersi l’abusata: “pur di giocare, son disposto a fare tutto”, anche se stavolta ha faticato a collocarsi nell’ennesimo ruolo nuovo.
Moscardelli: è in giornata il centravanti e i primi controlli palla lo dimostrano. Lo spegne la noia di non ricevere palloni adoperabili.
Ferraro: non riesce a segnare per una bella parata del portiere avversario. Il petto sempre proteso lo segnala come incline alla lotta e il suo marcatore (Doudou) ne sa qualcosa.
Bini: rileva Olivi, non ricordo altro
Volpato: troppo riconoscibile l’occasione mancata nel finale. Segnando ci gasavamo.
Grippo: ha il numero 16 e sembra grintoso.

Arvodas

 

SASSUOLO-PIACENZA 2-1 (Nainggolan, 2 Noselli)

 

Fantastico: fine partita i giocatori del Sassuolo, increduli dell’impresa appena compiuta, chiedono ai nostri di scambiare le maglie. Un ricordo indelebile di carriera, non vedono l’ora d’avere nipotini a cui poterle mostrare.
Orribile: torniamo a riempirci d’amaro. In questo recupero notturno in cui non si sa se seguire i risultati delle avversarie in ottica ascendente o discendente, optiamo per la soluzione più comoda. Guardiamo dietro e non pensiamoci più.
Si parte per Modena – Sassuolo ruminando commenti sul futuro societario e salume di qualità, distrazioni essenziali per non affrontare il pronostico partita. Sappiamo di perdere anche se il cuore lo rifiuta.
Lo stadio modenese rimane un bell’oggetto, ma il campo è da rivedere e non solo per le compassionevoli toppe presenti. Il terreno di gioco pende spaventosamente verso la tribuna. Avevo gia avuto questa impressione nella gara col Modena. Quando si trattò di recuperare, tutte le trame offensive venivano affidate a Wolf (grande Daniel, torna presto), mentre dall’altra parte gli spazi erano clamorosi.
Stavolta uguale, nonostante la direzione d’attacco invertita. Dopo esser andati sotto, la palla rotolava sempre verso Graffiedi, malgrado l’impegno di chi presidiava la fascia opposta.
Ad ogni modo cominciamo bene, qualche problemino d’ordine dovuto all’ennesimo cambio d’assetto, ma siamo un belvedere. Il Sassuolo sembra più armonioso, ma anche incline al lezio.
Per la prima volta dalla curva mi capita di comprendere bene uno schema sviluppatosi lontanissimo. Passoni cerca Ferraro che finta scappando. Dietro incrocia Radja, fa sua la sfera poi la rete sbatacchia.
Quindi chi va a vedere il Copra e si mette in curva “Perché da lì vedi bene i movimenti di squadra” ha ragione. Karlus mi diceva di andare in quel settore perché si vedon bene altre cose, ma lui segue la Rebecchi Lupa.
Adocchierei di buon grado una trincea fino alla fine, ma non c’è il tempo di solcarla. I neroverdi sbucano da tutte le parti, soprattutto da quelle di Calderoni. Cassano si suda lo stipendio di Aprile (non ancora depositato, ma è normale. Anche a me non è ancora stato pagato).
Non è la prima volta che dalla curva mi capita di vedere bene una punizione. La barriera si apre senza motivo e Zampagna calcia dritto sul palo. Non mi emoziono neanche, s’era capito subito che la corsa finiva lì contro.
Il giusto pari arriva per una gran conclusione di Noselli. Potrebbero arrivare anche a qualcosa in più, ma il Piacenza si rimette in bolla e porta negli spogliatoi l’equivalersi sancito dal campo.
La ripresa presenta 10 minuti di puro godimento. Graffiedi e Aspas entrati al posto di Guzman e Bianchi hanno l'aspetto delle briscole adatte per procacciare il 2 in schedina. Sui piedi dello spagnolo capitano un paio di occasioni davvero buone. L’euforia di poterci giocare la partita ci fa concedere ben più di qualcosa. Noselli non ha bisogno di concessioni particolari e si confeziona un goal davvero pregevole. Il pari era giusto, questa è ingiustizia.
Ci sarebbe un rigore per noi, l’arbitro non indica il disco perché, da come calciamo i corner, gli sembra di favorirci maggiormente lasciando correre.
La finiamo così, con un 2-1 e le gole arse non dall’eccessivo incitamento, piuttosto da un vino strano, il “Ruggine”. Lo producono con un vitigno salvato dall’estinzione (la Ruzeneina mi pare). Gli effetti collaterali li stanno ancora studiando; produce sicuramente sbalzi d’umore repentini, euforia seguita da gravi crisi depressive e in alcuni soggetti aumenta vertiginosamente l'emissione d'aria dal cavo orale. Attenzione: non aria proveniente dai polmoni attraverso la trachea come nel caso della voce, bensì dallo stomaco attraverso l'esofago, a seguito di processi digestivi.
Quando ho visto la copertina dorata dell’assistenza medica coprire una sagoma inanimata, ho davvero temuto il peggio per lo Zio.

Arvodas

 

PIACENZA-EMPOLI 1-1 (Moscardelli, Pozzi)


Forma e sostanza in questa partita casalinga con l’Empoli. Il goal di Moscardelli giustifica il maggior afflusso di persone allo stadio, molto più dell’esiguo prezzo imposto al biglietto. Cresce l’affetto per questa squadra da parte di coloro che fin da subito hanno dato fiducia al progetto societario. Cresce l’affetto del Piacenza Calcio per la propria utenza.
Bella l’iniziativa concordata tra società, sponsor e il club Bassa Valtrebbia per allestire banchetti di raccolta fondi con destinazione L’Aquila.
Il kit “tifoso biancorosso” meritava assolutamente l’acquisto; il dizionario di Graziella Bandera così come il libricino di Pietro Bertazzoni sono due lavori immancabili nelle biblioteche private. Stamattina mia mamma sfogliando “Esercizi di Dialetto Piacentino” era una fucina di racconti e m’interrogava sul significato di parole bizzarre. “Cus’el al frûglon da fùran?” “Boh l’ho sempre sentito riferito a donne in carne, ma non ne ho idea”. Ci rimane male, gli oggetti della sua gioventù spariscono e anche i loro nomi.
Non sparisce il Piacenza Emergenza al cospetto di una delle più quotate pretendenti alla promozione in serie A. Anzi, con una prova che ha entusiasmato i Billy Bestia (quelli di: “molto cuore poca testa”) riducono i toscani al ruolo di anonime comparse. Personalmente ho avuto paura di perdere questa partita fino a quando un rimpallo non ha innescato Ferraro. Siamo al novantaduesimo, il centravanti da poco entrato in vece di Aspas parte senza strappare il filamento del fuorigioco. In quei pochi secondi so di aver pensato: “Pioli è un genio. Ha capito la necessità di inviare un segnale forte ai ragazzi per lottare fino alla fine. Ha tolto un centrocampista preziosissimo (forse alla sua miglior prestazione stagionale) e ha messo una punta pura, di quelle che non partecipano al coro. Adesso quella punta è lì, davanti a “Rinvio lento” Bassi e farà giustizia di quell’irritante perder tempo. Ci porterà in quota salvezza, ci regalerà uno dei migliori abbracci stagionali”. Invece Emanuele resiste alla pressione di due avversari, si porta sul dischetto e calcia alto. La partita finisce qui, ad esser salvi manca qualcosina, ma guardo con rinnovato ottimismo all’avvenire.
Parlavo di poca testa e può suonare provocatorio dopo una partita simile, dove il nostro portiere non ha compiuto un intervento degno di nota, dove il nostro alfiere d’attacco c’ha regalato un goal da cine, una rovesciata parata senza sapere come (ma forse anche il Mosca non sa come ha fatto a colpir palla), una traversa dopo un gran dribbling, una punizione stavolta sventata con bravura dal portiere. C’è stata una nostra supremazia territoriale indiscutibile però avevo l’impressione che stessimo giocando al massimo dei giri e quei lilloni in bianco e blu indugiassero al momento propizio per il castigo. L’azione che, poco prima di quella di Ferraro, porta Pozzi a calciare a lato l’avevo già battezzata dentro. A proposito di visuali, in settimana c’è stato un rigurgito di insofferenza verso lo stadio L. Garilli da parte dei media.
Ezio the Trash, cavalcando la tigre della protesta, invia l’ennesima “Lettera al direttore”: - Tano ti segnalo quella che reputo un’assoluta illegittimità nei confronti dei cittadini presenti sabato in curva Nord. Il goal del pari empolese, tra l’altro molto bello, è stato recepito come un autogol. Se dal settore di cui sopra non riescono a seguire nemmeno le azioni sviluppatesi nelle immediate vicinanze, sono a richiederne l’abbattimento. Se non fosse possibile, bisogna almeno impedire a quelli di Castel San Giovanni e Cortemaggiore di bere prima delle partite.
L’uro, animale simbolo dei Germani, fu descritto da Giulio Cesare come: “…poco inferiore all’elefante per aspetto e colore…”. El bigote alemanno e i suoi più stretti collaboratori s’innamorarono dell’idea di recuperare tale razza bovina (era un po’ il loro pallino selezionare). Non vi riuscirono, ma un paio di mandrie di una nuova specie videro la luce negli anni ‘40.
Nello stesso periodo mia nonna (come molte altre famiglie di campagna) costruiva la “fùrnasēla” per non dover donare la “parôla” all’industria bellica dell’epoca. Tutto questo per dire che il grande calcio, quello dei “tituli”, si gioca in altri stadi, ma quello che m’interessa da vicino è quello giocato qui. Il resto è intrattenimento

Legenda:


Frûglon da fùran: Un palo con in fondo un fagotto morbido di stracci che serviva a pulire il forno a legna prima di cominciare a panificare. Ma “Sa g’àrmagna anca un po’ ad sênar l’è istess, la cûra al mal ad pansa”.

Fùrnasēla: rudimentale costruzione in muratura che prevedeva la zona fuoco nella parte inferiore e il calderone incorporato in quella superiore.

Parôla: calderone in metallo non utilizzato per scopi alimentari. Quello per gli alimenti era il parôl (almeno sulla carta).

Arvodas: arrivederci.

 

TRIESTINA-PIACENZA 0-0

 

E chi avrebbe mai immaginato che dietro alla moderata facciata del Gino Murelli si celasse un’indole brutta, sporca e cattiva. Musicalmente parlando.

Ci incrociamo venerdì sera (1° Maggio, festività nota per concerti e galline grigie) al bar Alabarda di Duino. Mi presento e lui cordialissimo accetta di fare due chiacchiere sulla situazione in casa biancorossa. Mi spiega che Calderoni non ci sta più dentro. “Essendo di queste (quelle) parti, ha una voglia matta di lasciare il segno sulla partita. Moscardelli invece è teso, Gli da noia quando lo fischiano e non è sicuro di essere un ex amato. Graffiedi è tranquillo, un vero signore in campo e fuori. Ma a proposito di concerti e galline grigie hai mai sentito Chickens whips e r’n’r ? Davvero simpatici questi Hermits piacentini. Garage rock'n'roll selvaggio, il cantante che urla come un ossesso, testi ironici e la copertina del vinile è una collezione di messaggi dementi, sparsi in ogni angolo.”

Sulle prime mi vanto di conoscer bene Lord Picchio & Co e gliene faccio una presentazione didascalica di cui presto devo vergognarmi perché l’interlocutore ne sa più di me. E lo dimostra quando chiedo: “Come vi schierate domani?”

“La formula del numero quattro, valida per tutte le band nell'universo (le prime furono AC/DC, Ramones e Slayer), è tornata dalla caccia nelle lande più disparate con una sacca di cuoio nero piena di quell'enigmatica bestia comunemente conosciuta come Punk.

Lo stesso vale per il calcio: giocheremo in 11 e saremo 11 demoni.”

Sabato pomeriggio, dopo un piacevole girovagare senza meta in centro a Trieste, entriamo al Momo Bar per l’ultimo nero pre-partita. Al banco c’è un signore che parla un idioma incomprensibile col barista. Sulle prime penso sia slavo, ma il barista smentisce l’impressione affermando: “Cassano è il miglior portiere della serie B”.

Parlano la mia lingua, quindi m’ avvicino e tento l’approccio col signore: “Viene a vedere la partita?” Mi guarda perplesso.

Il barman si interpone: “Nereo (guarda un po’…) lo capisce, ma non parla l’italiano, solo dialetto. Comunque viene, non manca mai”

Nereo dopo una lunga fase di studio dice qualcosa che mi viene tradotta come: “Oggi lasciateci vincere, siete salvi e avete goduto del miglior caffé che si possa bere in città”. Sorrido, il caffé è davvero buono, ma non siamo salvi.

Arriviamo allo stadio, il più bello della serie B, purtroppo poco frequentato. Cinquemila persone si perdono in una struttura simile, ma gli effetti speciali sono comunque garantiti. I piacentini presenti nel settore di sentono eccome e la bordata di fischi all’indirizzo di Maran quando sostituisce Della Rocca con Granoche è davvero impressionante.

Ma andiamo con ordine.

Il primo tempo vede un Piacenza come di consueto ben disposto in campo. L’assenza dell’ultima ora di Abbate moltiplica la motivata attenzione di Mengoni e Bini. Graffiedi e Moscardelli, larghi sulle ali come non mai, sono di grande aiuto agli ex cuccioli Calderoni e Avogadri. Radja e Riccio si alternano incisivi negli inserimenti lasciando a Passoni l’incarico di far bella figura. Il lavoro oscuro di Guzman potrebbe godere dell’irraggiamento solare quando ci concedono una punizione nella sua zona preferita. Dopo il canonico conciliabolo con Moscardelli, che poco prima aveva impegnato il portiere in un paio di circostanze, lascia però al compagno la battuta. Io non lo avrei fatto.

Dominiamo, l’Unione è la controfigura della squadra vista in inverno al Garilli.

Si leva la lavagna luminosa ad indicare un minuto di recupero e l’arbitro per riflesso incondizionato fischia un fallo in prossimità della nostra area. Lo sfregar di mani di quelli che ho attorno, unita alla meticolosità con cui Allegretti sistema la palla, provocano il classico astringimento.

Non capisco bene tanto sono in apnea. Tiro, ne esce un corner, Cassano esce e Cacciatore manda fuori da buona posizione. Andiamo al riposo và.

Sul giornalino “Tifone” distribuito allo stadio leggo il giudizio per il Cacciatore di cui sopra: “Con lui in campo la difesa è una roulette russa”. Citazione cinematografica assolutamente voluta.

Nel secondo tempo il dominio non è così netto, ma le occasioni che ci capitano lo sono. Quando Guzman a tu per tu col portiere calcia a lato dopo averlo spiazzato, non riesco a capacitarmi. Quando Bini non mette in porta una bella spizzata di Moscardelli, mi deprimo, ma quando Bianchi spara fuori il quasi perfetto assist di Aspas vado in depressione.

Quanto sopra non è consecutivo, ad inframmezzarlo ci sono alcune folate di bora. Una gran parata del Mario, una perfetta immolazione di Mengoni e soprattutto una conclusione di Testini che accarezza il palo e scatena il sonoro “Uuuuuuuuuuuuh….” del pubblico di casa. Sempre sul Tifone il giudizio per Testini era il seguente: “il tiro da fuori dovrebbe essergli vietato per decreto legge”. Meno male.

Finisce com’era cominciata, 0 a 0. Altro tassello per la classifica, altra prova convincente, un po’ di rammarico dovuto anche ai risultati degli altri campi, Grippo è giovane e grintoso.

Vivere significa godere solo quando si ha quello che pretende indietro. Per adesso manca qualche punto.

 

Arvodas

 

PIACENZA-BARI 2-2 (Colombo, Graffiedi rig., Aspas, Galasso)

 

“Liberiamoci da moralismi e da falsi pregiudizi” ammoniva la scritta su un muro della prima casa in via Gazzola, angolo via san Tomaso. Dicevano c’abitasse Sheila, forse è leggenda.

Roberto Beccantini libero pensatore, indica come situazione insostenibile la compilazione dei calendari in estate. In quella stagione ogni partita è un’ imboscata, in maggio invece si trasformano in pastelle poco saporite. L'importante è partecipare, anche se non si sa cosa dire.

Eravamo preparati, i sensi predisposti a gustare il forte sapore della festa rovinata. Sentivamo gli stimoli dell’acquazzone imprevisto teso a scombussolare il banchetto allestito in giardino. Purtroppo la Triestina sovverte il pronostico vincendo a Livorno. Bari è matematicamente in serie A e a noi non rimane che una gara svuotata dell’ interesse primario.

Ad esser onesti poteva anche non esser così vuota. Andare a 52 era sicuramente meglio di raggiungere 49, ma poi? Tre partite senza scopo non sono troppe? Leggere da lunedì a sabato mattina: “Onoreremo il campionato fino alla fine, non regalando nulla agli avversari”. Salvo poi la domenica trovare: “Abbiamo fatto il possibile, purtroppo una svista, ma i giovani stanno crescendo”.

Siamo in maggio, sto già facendo fioretto, non avrei sopportato il tutto.

Si abusa dell’espressione “Per vedere una bella gara bisogna essere in 2”. La stessa cosa è applicabile al concetto di contendere, se una non contende, anche l’altra si adegua.

In casa biancorossa sono giorni di tensione, gli infortuni, la classifica, il futuro, la viabilità modificata davanti alla stazione. Concedersi un turno di relax prima delle 3 finali (perché saranno tali, è garantito) è plausibile.

Non diventi una tragedia il primo punto omaggio.

Che lo spettacolo offertoci sabato allo stadio non sia stato di gran livello è incontestabile, ma la gente sugli spalti com’era? Il signore a torso nudo con le bretelle era forse gradevole? E quello con la canottiera in lana spinosa? E i neo diplomati “stuard” promossi frettolosamente per la circostanza?

Abbiamo avuto uno dei più grandi Filosofi (i più giovani si documentino sul sito http://xoomer.virgilio.it/storiapiacenzacalcio) della storia moderna, con lui siamo diventati esperti in quella disciplina che si pone domande e cerca di dare risposte sul senso del mondo e dell'esistenza umana.

Abbiamo elaborato il concetto “ Il calcio è metafora della vita”.

Questa astrazione non esce rinfrancata dopo Piacenza - Bari?

È la nostra indole da tifosi punk a distorcere la visuale. L’idea che “la tecnica non è nulla, conta solo il cuore di chi gioca” ci fa vedere negativamente il risultato ottenuto. Trattasi di buon punto, trattasi dell’ennesima balla di fieno riposta in cascina.

Guccini scrisse che il punk fuori dal contesto sociale che l'aveva prodotto non aveva senso: "Punkers che vanno a mangiare i tortellini (cosa sono?) dalla mamma fanno ridere”.

Sollecito Tony Garbato (noto anche come Astro Vitelli, Beppe Starnazza, Roberto Antoni) rispose: “Hai mai notato come una discesa vista dal basso sembri una salita?”

Ranieri della Juventus in conferenza stampa ha confermato la labilità del pallone: “Si entra in campo sullo zero a zero (dato certo) e poi si gioca (variabile imponderabile)”.

E così è stato, poteva finire 0 a 0, 1 a 1, 2 a 2, 3 a 3.

I giornalisti di casa non hanno riportato la consueta rubrica coi voti: si saranno accordati?

 

Cassano: 6.5 Mezzo voto in meno per aver stimato imprendibile il tiro del pari del Bari.

Avogadri: 6.5 Gestisce da veterano l’occasione del pari del Bari.

Calderoni: 6.5 Vedi giudizio emesso per Avogadri.

Bianchi: 6.5 Non fa rimpiangere Passoni.

Mengoni: 6.5 qualche responsabilità in occasione del pari del Bari.

Zammuto: 6.5 qualche responsabilità in occasione del vantaggio del Bari.

Moscardelli: 6.5 Non fa mai rimpiangere Passoni.

Riccio: 6.5 Controlla che tutto fili liscio.

Guzman: 6.5 Mezzo punto in più per aver lasciato a Graffiedi il rigore.

Aspas: 7 Mezzo punto in più per l’eurogoal.

Graffiedi: 7 Confesso, mi sono emozionato quando abbiamo pareggiato.

 

Arvodas

 

PISA-PIACENZA 1-3 (Moscardelli, Genevier, Riccio, Calderoni)

 

Inevitabilmente col diminuire delle partite arriva il temuto vocabolo: verdetto.
Anche per la prossima stagione ci iscriviamo, con diritti acquisiti in campo, al prossimo campionato di serie cadetta. Se è un bene o un male lo chiederei ai calciofili di Sondrio o a quelli più spiritosi di Fano che anni fa esposero lo striscione “Mai stati in B”. Di chiederlo ai pisani presenti allo stadio venerdì scorso non me la son sentita, ma sembrava comunque chiaro che la voglia di Lega Pro non fosse altissima.
La frase di Rudolf Borchardt che campeggia sul loro sito ufficiale: “Se c’è un posto al mondo dove da un nome puoi leggere la storia, questo è Pisa”. Potrebbe far pensare ad un passato breve. Non è così.
In Toscana, per l’anticipo serale con noi, decidono la chiamata a raccolta modificando al ribasso il listino dei biglietti. A Piacenza lo abbiamo fatto con qualche settimana in anticipo e sui giornali s’è parlato di entusiasmo ritrovato. Qualche leggera differenza tra le due iniziative l’abbiamo constatata.
Arriviamo a Pisa con discreto, ma necessario anticipo. La fiumana indirizzata al centro di prima accoglienza intitolato a Garibaldi è mozzafiato. Ci si sente anche un po’ a casa, la croce bianca in campo rosso della repubblica marinara è dappertutto. Flussi emotivi incontrollati rendono addirittura piacevole il lento incedere verso i tornelli. È clima stadio, quello vero, quello densamente popolato, animoso, partecipe.
Mentre “decidiamo” di occupare un bel posticino dietro le panchine, uno di quelli che nessuno vuole perché si perde il 40% di visuale, Moscardelli segna. Lo stadio non ammutolisce, la gente, distratta, sta ancora chiacchierando e quindi controlliamo che l’esultanza dei biancorossi sia giustificata. Buono, non ci sono bandierine alzate, l’arbitro va impettito a centrocampo. Il timido abbraccio che ci scambiamo suscita ostilità.
Le parate di Cassano e i salvataggi a portiere battuto la acuiscono.
Il capolavoro del loro pari la fa esplodere.
Non vedo volti, i gesti di quelli che ci sono vicini invitano alla visione di parti anatomiche meno nobili e benché non particolarmente attratto, non riesco a rifiutare le gentili esortazioni.
La lavagnetta col minuto di recupero porta il primo vero momento di quiete. A movimentare un po’ il clima ci pensa un signore che srotola un A2 (420x594 mm) con la scritta: “Cassano siamo qui per te. Vedi di non farci fare figure di m….”. I puntini li ha messi lui, non è censura.
A parte che per vederlo ci vorrebbe il cannocchiale della Margherita Hack, trovare gradi di follia calcistica superiori al proprio è sempre consolatorio. Ci si illude di viver bene.
Morale, dopo tutto il clamore della settimana scorsa intorno alla partita col Bari, siamo ad augurarci che nel secondo tempo ci sia la strizzata d’occhio. Tutti d’accordo, firmiamo il punto.
Il secondo atto non prevede i ritmi del primo, un po’ perché i biancorossi hanno fatto quadrato nell’intervallo e un po’ perché l’azione che porta Graffiedi solo davanti al portiere fa capire loro che non siamo da sottovalutare.
La curva di casa percepisce le difficoltà della squadra e incita, scatenando una curiosa eco. Detta il coro la curva, lo ripete la gradinata, poi lo ripete la tribuna e alla fine tutti applaudono: mi piace.
Piace anche a Riccio, il goal che scortica la molle difesa pisana è un capolavoro. Capitano, non potevi scegliere momento migliore. Inserimento e girata bassa sul palo lontano denotano maestria, quella che da ormai tanti anni ci dimostri.
Esultiamo più scomposti. Qualcuno di noi incredulo sussurra: “Ma adesso li facciamo pareggiare?”
Ci pensano prima D’Anna con una entrata robusta su Guzman (rosso diretto) poi un altrettanto incredulo Calderoni a fugare ogni dubbio. La corsa di tutti, panchina e dirigenti compresi, verso lo spicchietto riservato agli ospiti evidenzia che si tratta di voluta vittoria.
Al triplice fischio, finisce la stagione. Peccato, il tempo vola quando ci si diverte.
Durante il tragitto di rientro, sorpassiamo il pullman del Piacenza. Dai finestrini esce una canzone delle Brigate Rozze, adattata per la circostanza:


Nasce un altra alba fredda sulla città di Piacenza,
torniam dalla trasferta,
stanchi ma felici siamo a casa.
I vestiti bagnati e sporchi,
occhiali da sole anche se luce non ce n'è,
chi altro accoglierci potrà se non casa nostra?
Piacentini uber alles Piacentini siamo noi
la città che si risveglia
Hei pisano eccoci qua.
Siamo cresciuti in queste strade,
giungla cemento, borghesia e oligarchia,
ma il nostro cuore dimenticare non può
la nostra infanzia che non tornerà.
Piacentini uber alles Piacentini siamo noi
la città che si risveglia
Hei pisano eccoci qua.

Vale, niente può consolarti oggi, ma in qualche remoto scomparto ti sappiamo sereno.

Arvodas

 

 

PIACENZA-MANTOVA 1-2 (Godeas, Corona, Siligardi)


Il Piacenza di quest’anno è una creatura tanto meravigliosa quanto poco decifrabile. Chi l’ha seguita da presso sugli spalti ha respirato quell'aria, tutta padana, di confidenze antiche, fatta di odori, personaggi conosciuti in piazza, modi di dire, soprannomi e sopra i nomi.
È una squadra che trasmette voglia di tovaglia a quadri biancorossi e bicchieri disuguali apparecchiati per bene. Ricorda la domenica sportiva di qualche anno fa quando, tra un bicchiere di vino e un pezzo di formaggio, si parlava di calcio e di vita.
Purtroppo, proprio come quella domenica sportiva in cui si trattavano esistenze attraverso storie di calcio a pretesto, nessuno l’ha vista. E non ci saranno prove d’appello, chi c’è stato c’è stato, chi non c’è stato, non c’è (e non ci sarà).
I media locali, tristi come quei proprietari di casolari che fingono di non essere in casa per evitare di aprire porta e dispensa agli allegri cantori durante la sagra d’la Galeìna Grisa, non hanno fatto nessun tipo di sconto. Se malessere è, malessere sia.
Arriva così l’ultima 'Transumanza 2009', storica rievocazione della traversata sostenuta dalle mandrie. 30 capi bovini di razza podolica (ma non solo) condotti da cavalieri e mandriani, per un percorso complessivo di 150 metri più o meno, hanno attraversato tutto il rettilineo da curva Nord a curva Sud e ritorno. L’altitudine raggiunta si è lasciata a discrezione del bovino. L'evento, presentato nella mattina del sabato a Palazzo Galli, nel corso di una conferenza stampa, ha riscosso un discreto successo. A guidare la carovana, come ogni anno, la famiglia Bonini, unica in Italia a praticare ancora l'antica usanza. Il viaggio, della durata di pochi minuti, è stato caratterizzato da molteplici difficoltà logistiche (dovute soprattutto all’abbandono o alle ostruzioni presenti lungo i percorsi tratturali) e burocratiche.
L'intervento dei cavalieri con pettorina fluorescente s’è reso necessario solo laddove l'uomo ha costruito ostacoli artificiali all'iter naturale degli animali.
L’avversario di turno, il Mantova di Marione Somma e Scation Lori, si giocava la permanenza in cadetteria, serie per la quale noi abbiamo già da qualche giorno ritirato l’accredito.
Il Mario porta a casa l’ennesima salvezza (passa per essere uno specialista), il presidente Lori le ovazioni tributategli dai propri tifosi per la splendida annata vissuta.
L’esondazione mantovana che ci ha colpito è stata prontamente arginata senza ricorrere a chiatte. Han provato anche a dimostrarsi antipatici e limacciosi, ma non basta confinare con Cremona, per diventare come Cremona. Sono come il cardamomo, spezia pregiata, ma non d’eccellenza.
La somministrazione settimanale di Piacenza è stata modica, un gran goal di Siligardi e poco altro. Speravo sinceramente di farli tribolare un pochino di più, ma garantisco: i rivali erano sudati.
Della gara l’unica cosa davvero da rimarcare è il bel gesto del Beppe che ha donato la sua “ertiga” sciarpa al Capitano. Nonostante la distanza, s’è intuito che in società hanno già cominciato a pianificare la prossima stagione.
Non c’è stata festa, non c’è stato tributo, le risorse cittadine assorbite dal primo scudetto della pallavolo nostrana. Oltretutto ne serviranno altre a breve da investire sul versante pallacanestro, rischiavamo indigestione da festeggiamenti.
Finisce la partita, qualche buffetto di circostanza tra calciatori (curioso quello tra Siligardi e l’ex Sacchetti; si conoscono?), poi via a donare la maglietta alla curva traboccante… d’attesa.
Piacenza – Mantova purtroppo non era una finale, ma il finale e come sempre sul palato rimangono tracce d’amaro. Consoliamoci: senza l’amaro il dolce non è così dolce.
In “Trainspotting” (l’ho rivisto da poco, per noi giovani è un cult), la voce fuori campo recita:
“Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cavolo, scegliete lavatrice, macchina, lettore cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici. Scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cavolo, scegliete il fai-da-te e chiedetevi chi siete la domenica mattina. Scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz, mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio, ridotti a motivo di imbarazzo di stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi.”
Quasi quasi, anche il prossimo anno scelgo il Piacenza.

Nota a parte:
All’arrivo del pullman targato Mantova, Somma è stato aggredito verbalmente ed ha risposto per le rime, non essendo secondo a nessuno a dialettica. Sembra però che il tifoso fosse uno più di fatti che di parole e Mario s’è trovato male. Voci incontrollate dicono che l’agitato supporter locale avesse scambiato il mister virgiliano per Aldone Cibic e volesse “rollarlo” per la sua negligenza scolastica.

Arvodas

 

 

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