Meteore in biancorosso

I peggiori nella storia recente del Piacenza Calcio

 

 

Da Piacenza sono passati ottimi giocatori: ex campioni (da Gentile a Vierchowod), futuri campioni (Signori, Filippo Inzaghi, Gilardino) o comunque calciatori di buon livello tecnico. C’è invece un drappello, nemmeno troppo limitato, di giocatori che in biancorosso non hanno lasciato traccia di sè (soprattutto quando presentati come salvatori della patria...); oppure l’hanno lasciata, ma non esattamente piacevole. Eccone alcuni, limitati all’ultimo trentennio.

 

Abate

Adami

Amauri

Attrice

Bucciarelli

Caini

Casabianca

Centi

Cois

Compagno

Di Vicino

Erbaggio

Fiori

Gardella

Gobatto

Listanti

Marcolin

Minopoli

Montaño

Óbolo

Palmieri

Palo

Penzo

Pin

Piovanelli

Rinaldi

Rizzitelli

Tentoni

Tulli

 

 

 

 

Ignazio ABATE

Arriva a Piacenza nell’ultimo giorno di mercato dell’estate 2005, proveniente in prestito dal Milan via Sampdoria. Si dice un gran bene di questo ragazzo diciannovenne che ha disputato un ottimo campionato a Napoli ed è chiamato a risolvere i problemi del Piacenza sulle fasce. Nei fatti, la sua stagione piacentina si trasforma in un autentico incubo: chiuso da Padalino e Stamilla, gioca pochissimo (13 presenze in tutto), quasi mai da titolare e senza mai lasciare segni tangibili della sua presenza. Sparisce completamente nel finale di stagione, quando Iachini privilegia i giovani del vivaio a scapito di chi come lui è solo in prestito.

 

 

 

Luciano ADAMI

Dovrebbe essere l’asso nella manica del primo Piacenza targato Rota, formando con Mulinacci una coppia d’attacco di valore assoluto per la C2. Invece il baffuto attaccante bresciano (reduce da un’ottima stagione in serie B nella Sambenedettese) non si integra proprio nella compagine biancorossa. La coppia con Mulinacci non decolla, ma se il magiostrino ce la mette tutta per uscire dalla crisi, Adami si rivela lento, goffo e involuto. Finisce per estraniarsi dall’ambiente piacentino con cui non lega, si “becca” spesso con pubblico e giornalisti e finisce in panchina nel finale di stagione, scalzato dall’eclettico Filosofi. Nel luglio del 1984 passa alla neopromossa Virescit, chiudendo con sole 5 reti in 29 partite.

 

 

AMAURI Carvalho de Oliveira

Nella storia del Piacenza probabilmente rimarrà per il fatto di essere stato (insieme al connazionale Matuzalem) il primo straniero a vestire la casacca biancorossa. Per il resto, le sue 7 presenze nel campionato 2001/2002 sono passate inosservate ai più. Arriva nel “pacchetto Parma” insieme a Matuzalem e Paolo Poggi, con sole 6 presenze in serie A all’attivo, e si trova subito chiuso dall’attacco “atomico” Hubner-Poggi, nonchè da Nicola Caccia, reduce dalla squalifica. Nelle rare e non indimenticabili apparizioni (tutte dalla panchina) si dimostra fisicamente possente ma sgraziato e tecnicamente rozzo. Restituito senza alcun rimpianto, farà ancora qualche anno di gavetta prima di esplodere con le maglie di Chievo e Palermo, guadagnandosi la chiamata della grande Juventus.

 

 

 

Vincenzo ATTRICE

All’indomani della promozione in serie B nel 1991 Bertozzi non viene confermato e al suo posto Marchetti ingaggia dalla Reggina l’esperto terzino Attrice. Cagni lo schiera titolare sulla destra della difesa con compiti di marcatura, almeno nelle prime giornate. Ma i risultati non sono felici, la difesa non tiene e il primo a salire sul banco degli imputati è proprio il neoacquisto, lontano dalla forma migliore e non ancora ambientato. Col mercato di novembre l’acquisto di Lucci come libero comporta lo spostamento di Chiti in marcatura, e Attrice sparisce completamente dalla scena, scavalcato anche dal giovane Di Cintio. Rimane anche la stagione successiva, ma gioca in tutto 6 minuti prima di essere ceduto al Siena in cambio di Iacobelli, chiudendo la sua esperienza piacentina con sole 11 presenze.

 

 

 

Fabio BUCCIARELLI

Tra i numerosi giocatori pretesi da Rumignani nel mercato di riparazione del novembre 1989 c’è anche questa mezzapunta mancina reduce da un gran campionato nelle file del Brindisi. Arriva accompagnato da ottime credenziali, tanto è vero che viene soprannominato “piccolo Brady”; ci si aspetta che il suo innesto faccia lievitare il gioco anemico di un Piacenza in difficoltà. Nonostante Rumignani gli dia parecchia fiducia, però, stenta maledettamente a prendere in mano le redini di una squadra complessivamente male assemblata e fatica egli stesso a inserirsi nei meccanismi, senza trovare la giusta posizione in campo. Finisce così ai margini della prima squadra, collezionando in tutto 19 presenze.

 

 

 

Giordano CAINI

Esperto terzino ventinovenne, giunge a Piacenza nell’estate del ’98. Ha giocato in serie A con Reggiana e Foggia (con Zeman), nel quale si era costruito una reputazione di solido cursore mancino. Nei piani iniziali dovrebbe essere la prima alternativa a Manighetti nel ruolo di terzino sinistro, ma diventa ben presto un oggetto misterioso: gioca pochissimo (appena 6 spezzoni), è spesso infortunato (all’Olimpico regge solo mezz’ora) e viene scavalcato nelle preferenze di Materazzi dal duttile Lamacchi, uomo per tutte le stagioni. L’anno successivo, se possibile, va ancora peggio: gioca (peraltro piuttosto bene) un solo spezzone di partita, nella vittoriosa trasferta di Lecce, in mezzo a un campionato che lo vede disponibile pochissime volte prima di sparire nella crisi tecnica che attanaglia la formazione biancorossa. Lasciato libero, concluderà la sua carriera nei dilettanti bresciani del Rodengo Saiano.

 

 

 

Giuseppe CASABIANCA

Siciliano, proviene dalle ceneri del Palermo col compito ingrato di sostituire Mastropasqua, passato al Pavia nell’estate ’86 dopo due campionati sontuosi in riva al Po. Nel delicato ruolo di libero dovrebbe garantire solidità alla difesa, invece si rivela ben presto l’anello debole di un reparto che può contare su gente come Nardecchia, Concina e Tomasoni. Le sue incertezze, palesate soprattutto nella sconfitta di Fano, gli fanno perdere rapidamente il posto da titolare a vantaggio del meno canonico ma più affidabile Tomasoni, vero jolly a disposizione di Rota, e 14 presenze rappresentano il suo bottino finale in biancorosso.

 

 

 

Luis Fernando CENTI

Colombiano di Savona, è il regista e il fulcro dell’ottima Primavera di Maurizio Braghin 1994/1995. I piedi sono ottimi, e la carriera futura (Como, Lumezzane, Treviso, Livorno, Atalanta e Ascoli) lo testimonia. Ma a Piacenza è passato alla storia come la meteora per eccellenza. Debutta subentrando al compagno Cesari, infortunato, nella trasferta-emergenza di Cosenza, e nel giro di mezz’ora indovina un missile terra-aria che si insacca all’incrocio dei pali. Sembra che il ragazzo possa avere un futuro importante in biancorosso, invece quella rimane l’unica presenza con la prima squadra, prima di cominciare a girovagare in prestito e poi rescindere il cordone che lo lega al Piacenza.

 

 

 

Sandro COIS

Sandro Cois è un acquisto accolto con un certo interesse: ex Torino e Fiorentina, trascorsi in Nazionale, una buona fama di diga in mezzo al campo. Insomma, un ottimo puntello per il centrocampo, arrivato dalla Samp in cambio di Miceli nell’inverno del 2003. In effetti Cagni, al suo debutto con l’Udinese, lo lancia titolare accanto a Maresca e Baiocco nel suo 4-3-3; ma la partita dell’ex viola dura solo 45’. Lento e impacciato, anche a causa della lunga inattività, non riesce più a convincere il tecnico di Brescia, che ne farà uno dei giocatori meno utilizzati: cinque presenze in tutto, nessuna completa e nessun’altra da titolare. A fine stagione rimarrà libero da ingaggio e concluderà la carriera a soli 32 anni.

 

 

 

Giuseppe COMPAGNO

Arriva a Piacenza nel novembre 1988, come parziale contropartita dall’Atalanta nell’ambito della doppia cessione di Madonna e Serioli agli orobici. Il ruolo (ala destra) è lo stesso dell’insostituibile “Mindo”, identiche le doti di estro e fantasia che gli vengono accreditate da Bergamo. Ma la stagione è difficile, il Piacenza si dibatte nei bassifondi di classifica e il giovane Compagno fatica a fare emergere le sue doti in una squadra già piena di problemi. Ha un solo spunto importante, nella partita interna contro il Padova (quando massacra la difesa biancoscudata) in mezzo a 22 presenze che lo vedono passare da asso nella manica a comparsa con la valigia di ritorno a Bergamo.

 

 

 

Giorgio DI VICINO

Napoletano, sinistro alla dinamite e gran talento mai espresso fino in fondo, fa la sua comparsa (è proprio il caso di dirlo) a Piacenza tra gennaio e giugno 2005. Arriva dalla Ternana, dove era finito ai margini della prima squadra, complice l’innata tendenza ad andare in sovrappeso confermata in biancorosso. Dovrebbe essere risorsa di qualità importante per un Piacenza già tradito dal brasiliano Jeda, invece diventa subito un caso. Moltissima panchina, 8 spezzoni più 90 minuti interi all’ultima giornata, un solo momento di gloria rappresentato dalla punizione-gioiello con cui affonda le speranze di promozione del Genoa e la tracotanza dei suoi tifosi. Non confermato, lascia dietro di sè il rimpianto di non aver potuto mostrare il suo vero valore.

 

 

 

Luigi ERBAGGIO

Se Centi è stata la meteora per eccellenza, Erbaggio gli tiene buona compagnia. 22enne interno destro di centrocampo, arriva dalla Casertana insieme al settepolmoni Suppa. Non parte titolare, ma è alternativa importante per il centrocampo, soprattutto dopo l’infortunio che toglie di mezzo Fioretti. Ma la maledizione è in agguato: un grave infortunio al ginocchio lo mette ko, e tra speranze e ricadute rimane lontano dal campo per un anno e mezzo. Chiude la parentesi piacentina con solo 7 spezzoni di presenza, tutti nella stagione 1992/93.

 

 

 

Valerio FIORI

Nell’estate del ’98 la dirigenza si trova nella necessità di reperire un portiere al posto dell’ottimo Sereni, non riscattato dalla Samp. La scelta del ds Marchetti cade così sull’esperto Fiori, estremo difensore ventinovenne reduce però da una lunga inattività come vice di Toldo alla Fiorentina e accompagnato dal preoccupante soprannome "Saponetta". In effetti suscita non poche perplessità fin dalle prime giornate (complice una certa fragilità muscolare), ma la sua apoteosi è alla 16°giornata, Piacenza-Parma. Prima si fa cogliere in controtempo da un tiro senza pretese di Balbo, poi si lascia incredibilmente sfuggire di mano un’altra “telefonata” dell’argentino. Finisce 3-6 per i ducali. E non è finita: alla 26°giornata torna a Firenze e dopo 5’ si fa scavalcare da un innocuo rimbalzo e Batistuta (che non aveva mai segnato al Piacenza) lo castiga: finirà 2-1, e l’ennesimo errore gli costerà il posto per le successive quattro giornate. A fine stagione, lasciato libero, si accasa al Milan come terzo portiere vincendo uno scudetto e due Champions League.

 

 

 

Umberto GARDELLA

Nell’estate del 2004 è la volta di Gardella, il giocatore più fantasma della storia recente biancorossa. C’è, non c’è, non si sa. È nota la provenienza (Spezia), è piacentino e ha giocato nelle giovanili del Piacenza, ma non si capisce bene in che ruolo della difesa giochi e soprattutto che cosa possa dare alla squadra. Iachini lo schiera solo in precampionato: durante la stagione colleziona in tutto 5 presenze (in panchina, ovviamente). Comica la scena di Verona quando si prepara a entrare in campo proprio mentre gli scaligeri trovano il vantaggio, spingendo Iachini a inserire un’altra punta (Girometta) in luogo del povero Umberto. Dopo Piacenza, luminosa carriera con le maglie di Sangiovannese e Spal.

 

 

 

Leandro GOBATTO

Qualche maligno sussurra che il Piacenza lo avesse acquistato scambiandolo per Ronaldinho, finito a giocare in incognito in Costarica. La somiglianza fisica c’è, per quanto riguarda i piedi... Sbarca in Emilia nell’estate 2006, già 24enne, alla vigilia di una stagione memorabile che però non lo vede di certo protagonista. Scartato dall’Udinese, viene presentato come un trequartista ideale per il 4-2-3-1 che Iachini abbandona subito. Poche e non esaltanti le apparizioni dal primo minuto (anche nelle fila della Primavera), si fa notare, oltre che per la capigliatura, per le caviglie fragili e per la grinta: nulla. Chiamato alla ribalta per necessità nei momenti topici della stagione (Verona, Triestina) fa finta di niente e trotterella a ritmo di samba. E viene rispedito in Centroamerica.

 

 

 

Mauro LISTANTI

Arriva a ottobre 1975 dal Taranto, per sostituire l’altro flop Penzo. È attaccante di provata esperienza in serie B, uno che di gol ne ha sempre fatti, anche se ormai in fase calante. E in una squadra naturalmente portata al gioco offensivo come è il Piacenza lui può certamente essere l’uomo giusto. Invece si passa dalla padella alla brace.  Listanti è abulico, poco mobile, tutt’altro che un lottatore. I meno giovani ricordano  una partita invernale alla Galleana dove in una giornata di pioggia, con il campo ridotto ad un pantano, a fine gara tutti tornano negli spogliatoi coperti di fango mentre lui è perfettamente pulito, come se non fosse stato in campo. Pare che avesse problemi fisici ed è anche per questo che al Piacenza costò pochissimo. Riesce a segnare due gol in due gare consecutive: sembra si sia sbloccato, ma saranno anche gli unici, in 21 presenze.

 

 

Dario MARCOLIN

Centrocampista dal passato luminoso (Cremonese, Cagliari, Lazio e Sampdoria), arriva nell’estate 2002 già 31enne come regista di riserva dietro il gioiellino juventino Maresca. Già negli anni migliori famoso per il passo non velocissimo, ne dà ampia dimostrazione quando deve sostituire Maresca. Gioca praticamente da fermo, come Socrates (ma senza averne i piedi), rallenta la manovra e finisce per diventare una palla al piede di una squadra che ha già i suoi problemi. Agostinelli finisce per preferirgli l’acerbo Patrascu, e a gennaio fa le valigie per Napoli, dove chiuderà dignitosamente la carriera.

 

 

 

Luca MINOPOLI

Ecco l’esempio di come si possano buttare via i soldi sul mercato di riparazione. Intendiamoci, Minopoli non è un bidone nel senso stretto del termine: centrocampista interno, a Pescara faceva la sua figura. Ma nel Piacenza-bis di Gigi Cagni non c’entra proprio, anche se un rinforzo in mediana serviva comunque. Cagni reclamava acquisti per integrare una rosa anemica, questo è tutto quello che gli è stato fornito (e sarà motivo di scontro con la dirigenza). Chiuso dai vari Lucenti, Miceli ed Edusei, gioca solo 5 partite (nessuna intera) prima di venire rispedito a Pescara e da lì ad Avellino e Cisco Roma (C2). Segnalabile a “Chi l’ha visto”.

 

 

 

Johnnier MONTAÑO

Nell’estate 2002 Paolino Poggi rientra al Parma per fine prestito. Dai ducali arriva però un giocatore di cui si dice un gran bene: Johnnier Montaño, giovanissimo talento pescato dai gialloblù nella natia Colombia alcuni anni prima. E’ reduce da una stagione con molte zone d’ombra a Verona, ma Agostinelli punta forte sul 19enne di Calì come spalla di Hubner, e in effetti il precampionato dimostra che la coppia è ben assortita. Alla prima di campionato, a Brescia, bagna il suo debutto ufficiale in biancorosso anche con un gol: ma come tutta la squadra si spegne dopo un grande avvio. Egoista e svogliato, diventa più un peso che una risorsa. Come se non bastasse, ritarda a oltranza il suo rientro dalle vacanze natalizie provocando l’ira degli ultrà nei suoi confronti e costringendolo a un precipitoso rientro a Parma, da dove scomparirà letteralmente. Della sua stagione biancorossa rimangono appena 11 presenze e un gol.

 

 

 

Mauro Iván ÓBOLO

Il presidente Garilli ha un legame particolare con l’Argentina, dove ha molti interessi economici. Si spiega anche così l’apertura del Piacenza verso il florido mercato sudamericano, dopo anni di autarchia. Ma il rischio è sempre in agguato: così, insieme a un interessante difensore (Campagnaro), nell’estate 2002 arriva anche il 21enne centravanti Mauro Ivan Óbolo. Proviene in prestito dal Velez Sarsfield, ma aveva giocato il campionato precedente con il Belgrano realizzando 8 reti, e stando ai soliti beninformati della stampa specializzata si porta dietro il nomignolo di “El Terrible”. A Piacenza parte come quarta punta, ma ben presto scocca il suo momento: contro il Torino fa il suo debutto, una settimana dopo, nella partita con la Lazio, è addirittura titolare. Lunghissimo e magrissimo, non prende una palla di testa e non riesce a fare la boa per Caccia. Agostinelli insisterà ancora un po’ su di lui, poi con l’avvento di Cagni farà perdere le proprie tracce, scavalcato anche da Zerbini: 7 presenze senza reti sono il suo bottino stagionale. Ovviamente è stato rimandato in Argentina con il primo volo disponibile.

 

 

 

Francesco PALMIERI

Nell’estate del 2000 il ds Marchetti fa le cose in grande e cura con attenzione la ricostruzione dell’attacco, vero tallone d’Achille l’anno prima. Si parla soprattutto di due grandi bomber di categoria, Nicola Caccia e Stefan Schwoch (pupillo di Novellino): di questi, però, arriva solo il primo; Schwoch finisce al Torino. Così Marchetti ripiega sul 33enne Francesco Palmieri, ex Lecce e Sampdoria, che arriva con l’etichetta di seconda punta che segna poco ma fa segnare. In teoria dovrebbe essere la spalla di Caccia, e in effetti viene schierato al suo fianco al debutto in Coppa Italia. Ma contro la Viterbese lascia il posto per infortunio a Gilardino: di fatto non riuscirà più a reinserirsi in squadra, chiuso anche dal solito Rastelli, tatticamente più utile. Dopo sette partite in cui non combina granchè, viene spedito a Pescara (in cambio di Artico) e da lì alla Salernitana e poi al Bari, dove chiuderà la carriera.

 

 

 

Francesco PALO

A molti tifosi questo nome non dirà assolutamente nulla. Ebbene, si tratta di un 21enne centravanti di scuola napoletana spedito in riva al Po a farsi le ossa nell’estate 1981, e clamorosamente persosi nella nebbia padana. È salito alla ribalta nazionale nella stagione precedente per un gol al 90’ nella partita del suo debutto in serie A: logico che la coppia con Mulinacci (il bomber prelevato dal S.Angelo) faccia ben sperare. Ma l’esperimento dura 27 minuti, il tempo che i due giocano insieme nel debutto in Coppa Italia col Pavia: Palo, infatti, esce vittima della distorsione al ginocchio più misteriosa della storia dell’ortopedia. Tra recuperi affrettati e ricadute, non lo si vede praticamente mai; in più, torna quasi subito a Napoli per farsi curare, insofferente della nebbia (appunto) e del freddo. Riesce comunque a collezionare due presenze sul finire del campionato (e per assenze altrui), e di lui non si è mai più saputo niente.

 

 

 

Domenico PENZO

Giunge a Piacenza nell’estate 1975, per sostituire il bomber Bruno Zanolla, ceduto alla Ternana. E’ giovane ma viene da 19 presenze nella Roma in serie A, e questa stagione a Piacenza dovrebbe maturarlo definitivamente. Non è però una prima scelta, ma piuttosto un ripiego dopo diversi affari sfumati. Dopo le prime amichevoli e la Coppa Italia ci si rende conto che non ha per nulla le caratteristiche del suo predecessore: soprattutto non ha l’istinto del gol, il che è una grave lacuna perché in una squadra ricca di mezze punte, seconde punte e ali, un bomber ci vuole. Ma è tutt’altro che un cattivo giocatore: il suo ruolino successivo al Piacenza sta a testimoniarlo. Quasi sempre in serie A fino a giungere allo scudetto con la Juventus. Semplicemente non è l’uomo che serve al Piacenza in quel momento. Per di più Fabbri non stravede per lui, lo accuserà poi di scarso impegno e ad ottobre viene ceduto in serie C al Benevento dopo aver giocato, in campionato, solo 2 volte per un totale di 25 minuti, e mai da titolare.

 

 

 

Gabriele PIN

Perso Corini, giocatore dagli ottimi piedi ma non del tutto convincente in biancorosso, il nuovo Piacenza targato Bortolo Mutti riparte da Gabriele Pin, 34enne regista con un passato importante (Lazio e Juve) e reduce da un’ottima stagione a Parma, nonostante l’impiego col contagocce. Nonostante l’età, Mutti gli affida compiti di regia preferendolo al troppo offensivo Moretti e facendone il perno del centrocampo. Ma gli anni si fanno sentire: spesso è fermato da acciacchi di vario genere, quando scende in campo manca di ritmo e fosforo. Più che dare ordine alla manovra, la rallenta con giocate a ritmo di slow. Finisce inevitabilmente in disparte a favore di una mediana più muscolare (con Scienza e Valoti) e chiude la stagione con appena 21 presenze (pochissime complete). Dopo questa esperienza decide di chiudere con il calcio giocato.

 

 

Marco PIOVANELLI

Alla voce “acquisti inutili” si segnala questo 23enne centrocampista bresciano prelevato in prestito dalla Lazio nel ‘97 per dargli la possibilità di emergere in provincia. E’ il primo ricambio per Scienza e Mazzola, e inizialmente gioca spesso visto che l’ex reggiano deve riciclarsi come libero al posto del fragile Marco Rossi. Ma ben presto si rivela inadeguato per una squadra in lotta disperata per la salvezza: gli fanno difetto grinta e determinazione, oltre che i piedi, e viene scavalcato dall’inesauribile trottolino Valoti, finendo rapidamente fuori squadra. 13 presenze in tutto, poi una carriera in rapido declino con Genoa, Verona, Cittadella.

 

 

 

Alessandro RINALDI

Nel gennaio 2003 la dirigenza (il dg Collovati in testa) interviene massicciamente sul mercato per cercare di correggere la rotta di un campionato ormai segnato. Tra gli altri arriva anche questo terzino ventinovenne, giunto dall’Atalanta in cambio di Tramezzani (finito, tanto per cambiare, fuori rosa). Agostinelli pensa bene di farne il vice-Gurenko, e in effetti gioca i suoi primi spezzoni subentrando al bielorusso. Poi, lanciato titolare contro la Juventus, combina il patatrac: rimedia due ammonizioni nel giro di mezz’ora, lasciando i compagni in dieci e già sotto di un gol. Una settimana dopo, il naufragio interno con il Brescia costerà il posto ad Agostinelli: il nuovo tecnico Cagni lo mette subito in naftalina, e quattro presenze complessive rappresentano il suo bottino stagionale. Rientrato a Bergamo a fine stagione, farà perdere le proprie tracce.

 

 

Ruggero RIZZITELLI

Tra il ’97 e il ’98 Piacenza si concede un quarto di nobiltà, ingaggiando giocatori di grande spessore tecnico che fanno (o hanno fatto) la differenza. Così, dopo Stroppa e Vierchowod, approda in biancorosso nel luglio ’98 Ruggero Rizzitelli, ex Roma, Torino e Bayern Monaco (con Trapattoni) nonchè attaccante di grande spessore, anche se un po’ stagionato. Nei piani iniziali avrebbe dovuto far coppia d’attacco con Dionigi; di fatto si ritrova estromesso dall’undici titolare dall’esplosione di Inzaghino e dal meno blasonato ma utilissimo Rastelli. Così si intristisce in panchina e si fa notare soprattutto per il nervosismo: due espulsioni in 12 partite e la partecipazione alla maxi-rissa seguita a Piacenza-Salernitana, che gli costa 3 giornate di squalifica. L’anno dopo, con la sciagurata gestione Simoni, non va meglio: un gol in 21 presenze non basta all’anemico attacco biancorosso. Scaricato nell’estate del 2000, chiuderà la carriera in C1, nel Cesena che lo aveva lanciato anni prima.

 

 

 

Andrea TENTONI

A parte l’acquisto di Pasquale Luiso, il “toro di Sora”, il colpo grosso dell’estate ’96 è Andrea Tentoni, classico ariete prelevato dagli odiati rivali della Cremonese, precipitati in serie B. Tentoni, nelle sue quattro stagioni in grigiorosso, aveva segnato parecchi gol, contribuendo al miracolo targato Simoni. In realtà Mutti punta subito (ripagato) su Luiso, ma spesso concede spazio anche all’ex cremonese, soprattutto negli interminabili quattro mesi di astinenza del bomber campano. Risultato: in 31 presenze di campionato  Tentoni mette a segno la miseria di un gol, al Bologna, in mezzo a prestazioni a tratti sconcertanti per staticità e inconcludenza, tanto da meritarsi l’appellativo di “Rigido”. La pessima stagione piacentina ne farà crollare le quotazioni: Chievo, Pescara, poi nella natìa Rimini, dove chiuderà anzitempo la carriera.

 

 

Alessandro TULLI

Gennaio 2008: il direttore sportivo Renzo Castagnini è alle prese con il rafforzamento dell’asfittico attacco della squadra di Mario Somma. Partito Cacia, con Zlatko Dedic arriva anche il centravanti Tulli, ex Lecce, scuola Roma, una discreta esperienza in serie B; costo, 900mila euro per la metà (poi riscattata, pardon, regalata dai pugliesi). Piccolo neo: non ha confidenza col gol, ma è un ariete che dovrebbe aprire spazi ai compagni. Insomma, va a far buona compagnia ai vari Tentoni e Murgita già visti: 13 presenze e due gol la prima stagione. Arriva Pioli, che ne vorrebbe fare la spalla di Moscardelli, ma in ritiro il ginocchio fa crac: sei mesi di stop, è la diagnosi. Di fatto non lo si vede per un anno intero, e torna solo nel 2009 con Castori, che nella drammatica scelta tra lui e Simón punta sull’ex leccese. Titolare per tutto il girone d’andata, sfodera il peggio di se stesso: si vede appioppare il soprannome di “Gatto di marmo” e non ne azzecca una in campo. Ficcadenti lo mette immediatamente fuori rosa dopo il rifiuto di passare al Gallipoli, Madonna non lo prende mai in considerazione e a gennaio 2011 si infortuna di nuovo. Provvidenzialmente mancano solo 6 mesi alla fine del contratto, così l’agonia viene abbreviata dalla rescissione consensuale.

 

 

 

 

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