Stadio Comunale (Barriera Genova)

 

Denominazione: Barriera Genova (ufficiosa)

Campo Alessandro Casali (1935-1936)

Stadio del Littorio (1938-1945)

Stadio Comunale (1945-1969)

 

Capienza: tra 5.000 e 10.000 (a seconda delle fonti e dei periodi storici)

Dimensioni: 110 x 65 m

Periodo: 1920/1969

 

Prima partita: 19/9/1920 (amichevole),

Piacenza-Milan 0-2

 

Ultima partita: 15/6/1969,

Piacenza-Sottomarina 4-1

 

 

Veduta aerea del campo in occasione del derby Piacenza-Cremonese del 16/2/1969

 

 

Problematiche di affitto, i disagi patiti e la necessità di un terreno di gioco più adeguato al campionato di Prima Categoria portarono nel 1920 alla ricerca di un nuovo campo. La zona prescelta era quella di barriera Genova, chiamata all’epoca barriera Vittorio Emanuele: due prati divisi da un fossato dietro le Autoguidovie. Il progetto di riadattamento fu seguito dall’ing. Arturo Veneziani, dirigente biancorosso, e portò alla realizzazione di un rettangolo di gioco delle massime dimensioni con fondo erboso a zolle. Inaugurato con due amichevoli in pompa magna con Milan e Modena, il nuovo campo entusiasmava i cronisti dell’epoca: “la vastità e bontà del terreno unite a quei lavori di completamento che nei progetti si dicono meravigliosi faranno del campo del Piacenza F.B.C. una delle più belle pelouses [termine francese per indicare il terreno di gioco, ndr] italiane”. In realtà, a causa dei tempi ristretti, non fu effettuato il drenaggio, e questo avrebbe causato cronici problemi di impraticabilità nei mesi invernali.

 

La denominazione è variata più volte: nella stagione 1935/36 secondo l’Agenda Barlassina era intitolato ad Alessandro Casali, giovane marchese di Monticelli d’Ongina, capitano di fanteria caduto in battaglia nel 1917 sulle alture di Vucognacco, nel Carso, e unica Medaglia d’oro al Valor Militare piacentina nella Grande Guerra. Dal 1938 al 1945, in ossequio ai dettami fascisti, assunse la generica denominazione di Stadio del Littorio, per tornare a un meno compromettente Stadio Comunale dopo la fine del conflitto. Ma per tutti, tifosi e giornalisti, era il campo di Barriera Genova, teatro delle sorti biancorosse per quasi mezzo secolo.

 

Nelle foto a sinistra:

sopra: l’aspetto estremamente spartano della tribuna nell’aprile 1929

sotto: la costruzione della tribuna in muratura nel 1933, ad opera della ditta Carubbi

 

 

 

 

 

Mappe catastali dell’impianto gentilmente concesse dall’Archivio di Stato di Piacenza:

in alto: impianto al 1937 (ASPc, Mappe, stampe e disegni, n. 1783)

al centro: spogliatoi al 1937 (ASPc, Mappe, stampe e disegni, n. 2847)

in basso: impianto al 1950 (ASPc, Mappe, stampe e disegni, n. 3223)

 

 

La posizione dello stadio in una cartina del dopoguerra

 

La tribuna coperta

 

Le strutture, almeno inizialmente, erano limitatissime: gli spogliatoi per le squadre erano costituiti da due baracche di legno, la cinta era in realtà uno steccato piuttosto sconnesso. Custode e addetto alla botte dell’acqua potabile era Sante Bolledi, padre del calciatore Pietro che a sua volta ne avrebbe ereditato il ruolo dopo il ritiro.

La tribuna (pure in legno) sarebbe arrivata più tardi, per opera del Genio Militare, ed era una semplice struttura in uso fino al 1930. La tribuna coperta in muratura, caratteristica dell’impianto, è datata 1933: un intervento che porta la capienza a circa 5.000 spettatori, ed è seguito dalla pista di atletica (1935) che circonda il terreno di gioco. Nel 1940 l’impianto passa dalla gestione del Comune a quella diretta del CONI, e viene presentato come una delle migliori opere sportive del regime. La guerra segna una battuta di arresto: lo stadio viene utilizzato come bivacco dalle truppe tedesche in città e poi dal Battaglione Monte Rosa, soldati e cavalli danneggiano la pista e soprattutto il terreno di gioco. Quando il calcio riprende il proprio corso, si mette mano anche allo stadio: le strutture minime vengono integrate dal muro di cinta, dalla nuova gradinata dei popolari opposta alla tribuna (1945), dalla tribuna stampa (1946) e all’inizio degli anni Cinquanta da una sola gradinata di curva, peraltro incompleta, dal lato delle Officine Ballerini. Ultima miglioria, quando ormai l’impianto era sul viale del tramonto, è l’impianto di illuminazione datato 1967. Eterno tallone d’Achille rimase la tenuta del fondo: nelle partite invernali il terreno assomigliava a quello di molti campetti oratoriali causando innumerevoli rinvii per campo impraticabile. A peggiorare la situazione, dal 1947 lo stadio era condiviso con il Pro Piacenza e con il Piacenza Rugby, rovinando ulteriormente il fondo di gioco.

 

 

Sopra: Sante e Pietro Bolledi, storici custodi dello stadio.

A sinistra: vista del campo dall’ingresso di via Campo Sportivo Vecchio, con il caratteristico bar ottagonale.

 

Barriera Genova era il classico stadio di provincia, capace però di toccare punte di oltre 10.000 spettatori (come nella sfida contro il Como, nel 1968), grazie all’aggiunta di tribunette mobili negli ampi spazi vuoti tra i vari corpi in muratura. La cinta esterna, piuttosto bassa, era la gioia dei “portoghesi” che vi si addossavano per sbirciare le partite, ma le strutture di cemento armato nel tempo accusarono inesorabili segni di logorio, con gravi conseguenze. Il 31 gennaio 1965, giorno di derby con la Cremonese, il distacco di un pezzo di cornicione del muro di cinta presso l’ingresso della gradinata popolare ferì quattro persone, di cui una mortalmente. Inoltre, con lo sviluppo edilizio del “boom” economico, si era venuto a trovare non più in periferia, ma in mezzo a numerosi edifici, rendendo problematico afflusso e deflusso dai due ingressi di via Tononi (gradinata popolare) e via Poggi (tribuna coperta).

 

 

Le fatiscenti gradinate dei “popolari” negli anni Sessanta, durante una partita tra geometri (foto fornita da Andrea Campelli).

 

 

Scorcio del campo e del quartiere circostante nel 1965

Le varie problematiche del campo di Barriera Genova erano ben note a sportivi e politici locali, tant’è che già dall’inizio degli anni Cinquanta si iniziò a parlare di nuovo stadio: prima con un avveniristico progetto di sistemazione della Spianata Farnese, nel 1950 (un impianto comprensivo di negozi e servizi per il pubblico), e tre anni dopo con un nuovo stadio da 20.000 posti destinato a sorgere nel nascente quartiere Belvedere, tra via Vittorio Veneto e via Pietro Cella. Progetti rimasti tali, in versione cartacea e plastica, fino alla fine degli anni Sessanta quando le vicende sportive portarono il Piacenza a lottare per la promozione in serie B. Fu allora che, per iniziativa del presidente (nonchè imprenditore edile) Vincenzo Romagnoli, sorse finalmente il nuovo stadio, situato nella zona della Galleana. La festa di addio allo stadio di Barriera Genova coincise con la festa per la promozione in serie B della formazione allenata da Tino Molina, dopodichè l’impianto fu abbattuto per lasciare il posto a nuovi palazzi abitativi. Il ricordo del vecchio stadio sopravvive nel cosiddetto “Campaccio”, il giardino tra via Ancillotti e via Negri che comprende un’ampia porzione del terreno di gioco, e nella toponomastica, con via Campo Sportivo Vecchio.

 

 

 

 

 

L’ingresso dei “popolari” accessibile tramite l’attuale via Tononi

La gradinata dei “popolari”

 

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