INDICE DELLA STAGIONE

 

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Compromesso Colombo

 

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Il mediano Luigi “Gigin” Cella, da tre stagioni punto di forza della formazione biancorossa

STAGIONE 1921/1922

 

Campionato FIGC

Prima Categoria girone A emiliano

 

È l’anno della grande spaccatura del calcio italiano, che si divide in due federazioni tra loro concorrenti: alla F.I.G.C., dominata da una moltitudine di piccole squadre, si contrappone la Confederazione Calcistica Italiana (C.C.I.), che raccoglie le formazioni più ricche dei grandi centri. L’oggetto del contendere è la riduzione e la riorganizzazione di un torneo ormai ingovernabile per numero di squadre e lunghezza dei turni eliminatori, richiesta con forza dalle squadre confederali e avversata dalla maggioranza delle piccole società.

E il Piacenza? I biancorossi restano nei ranghi della F.I.G.C., e con la defezione delle migliori squadre non nascondono l’ambizione di poter fare strada. Tutto nuovo l’attacco, con tre rinforzi da Alessandria: la mezzala Bay e i fratelli Siro e Umberto (detto Mito) Montanari sulle ali. Al centro si schiera Franco Cavallini, meneghino di nascita ma di origini piacentine e reduce da numerose stagioni nell’U.S. Milanese. In porta Fontana viene sostituito dall’ex cremonese Gandi, capace di errori marchiani come di grandi prodezze. A campionato iniziato scoppia il “caso Boselli”: il giocatore, militare a Milano ma tesserato per la F.I.G.C., senza chiedere autorizzazioni va a giocare nell’Inter, impegnata nel campionato confederale.

Il solito microgirone eliminatorio, con Parma e U.S. Mantovana, viene superato in scioltezza ma l’avventura si arena subito nel girone finale emiliano. C’è una sola giornata di gloria, nel derby casalingo con il Parma stracciato 3-0 a Barriera Vittorio Emanuele. Per il resto, bocconi amari soprattutto in trasferta: 4-0 a Ferrara, 2-0 a Bologna, 4-1 a Parma. L’ingaggio primaverile dell’attaccante ungherese Grun, peraltro mai impiegato, non evita l’ultimo posto tra le polemiche per lo scarso rendimento di alcuni “forestieri” e la riduzione della componente piacentina. Tant’è vero che la crisi societaria esplosa a campionato finito, e che porta a una serie di rimpasti dirigenziali, ha come diretta conseguenza lo sfoltimento dei ranghi e molti giocatori non piacentini vengono prematuramente congedati. Pesa anche il fattore economico, a causa delle ingenti spese di gestione del campo sportivo: in marzo il terreno di gioco viene svenduto a una cooperativa creata ad hoc per sole 130.000 lire e finanziata da una sottoscrizione popolare, il restante deficit viene ripartito a carico dei consiglieri.

Ma la stagione è ben lontana dall’essere terminata. In piena estate, infatti, la frattura tra le due federazioni viene ricomposta con il cosiddetto “Compromesso Colombo”, stilato dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo. Di fatto vengono accolte le istanze della C.C.I., e per definire le squadre ammesse alla nascente Prima Divisione occorre una serie di partite di qualificazione a cui partecipa anche il Piacenza. Nel primo turno, sul neutro di Milano, una doppietta di Bernetti elimina il Como ma il successivo impatto con il Livorno è traumatico: i labronici vincono a Piacenza per 4-1, e i biancorossi rinunciano alla gara di ritorno perdendo 2-0 per forfait. Non è ancora finita, perchè in settembre la fusione di Livorno e Pro Livorno libera un ulteriore posto in Prima Divisione: ma nel caos ormai imperante alcune squadre interessate, tra cui il Piacenza, non riescono nemmeno a radunarsi per disputare le partite di spareggio. Si schiudono le porte della Seconda Divisione, inizia una rincorsa alla massima serie che durerà settant’anni.

 

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